lunedì 17 giugno 2013

Madonne

La mattinata che mi accingo a raccontare è stata senz'altro una delle più stronze degli ultimi tempi in cui il mio particolare rapporto con i bagni pubblici si intreccia con altre innumerevoli sfighe presentatesi a valanga nel corso della radiosa giornata. I lugubri locali che ho visitato sono ben due e vanno ad aggiornare l'archivio dei WC della metropolitana milanese.
Tutto comincia alle 8 di una mattina particolarmente soleggiata, la mia meta è Torino dove devo sbrigare alcune pratiche, per muovermi ho scelto i trasporti pubblici o quasi, nel senso che ho prenotato i biglietti per Italo, la nuova compagnia ferroviaria del sempre lucido Montezemolo.
Però prima bisogna arrivarci a Porta Garibaldi, la stazione dove partono i treni. Cosi prendo la macchina e vado a prendere la metropolitana, ma ecco che la serie di sventure inizia ora: parcheggio. Non c'è. Giro per interminabili minuti in zona stazione ma nulla, vado un po' più in fuori e lascio la macchina in un posto che, come girato l'angolo a piedi, me la immaginavo già per le vie di Tirana con le targhe del luogo. Pazienza. Corro verso la metro perchè sono in ritardo, ma come mi siedo, ecco la vendetta di Montezuma che piomba su di me: cosi, dal nulla pneumatico, mi trovo in emergenza totale con tutto il basso ventre in subbuglio, è un disastro perchè se mi fermo so che perdo il treno. Passano circa 5 fermate con il fiato sospeso purtroppo però a Cernusco sul Naviglio devo mollare il colpo, scendo e, pallido in volto, cerco il bagno (perchè lo ricordo ancora, il bagno c'è in TUTTE le stazioni). Vedo un cartello WC che curiosamente indica fuori dalla stazione, io ci vado e davanti a me vedo uno spettacolo disarmante: una cosa tipo cella di cemento con le porte aperte da cui si scorge una specie di turca di colore grigio, lo stesso dei muri e dei pavimenti. Disarmato, ci entro lo stesso perchè l'attacco di stomaco è particolarmente violento e faccio il mio dovere in condizioni pietose (provvidenziale fu il pacchetto di fazzoletti nel mio zaino). Nel mentre che sono accucciato sento anche qualcuno che entra nell'antibagno, probabilmente un'atimmino (personale del servizio ATM) che controlla che io non mi stia drogando.
Esco da quel postaccio molto più sollevato ma è solo l'inizio, intontito dalla foga del momento rientro in metro e non mi accorgo che il tornello in entrata non ha preso la mia tessera, io ci passo, la sbarra non si muove e mi cappotto in avanti tipo catapulta. E giù madonne.
Ricompostomi rientro in metro ma come se ci fosse un tacito accordo tra l'intera linea M2 e il mio apparato digerente, riesplode qualcosa nell'intestino. E giù madonne. Questa volta resisto fino a Garibaldi, faccio anche in tempo a realizzare che il “mio” Italo è partito da una mezz'oretta buona per poi fiondarmi nei bagni della stazione. Qui la donnina mi chiede ben 60 centesimi ma visto il mio tentennamento mi dice con un sorriso complice “dammeli pure dopo, vai, vai!”. Grato a lei entro nel bagno che è decisamente meglio di quello di Cernusco ma pur sempre un bagno di una stazione ferroviaria. Fatto il misfatto (cit.) torno dalla donnina che, mentre cerco le monete, pensa bene di prendermi un po' per il culo con frasi tipo “Fatta tutta?” “Succede a tutti, non ti preoccupare” “Una volta anche a me, ah ah ah”. Gli astanti ridono, io un po' meno. E giù madonne.
Esco dal bagno e mi permetto il lusso di un caffè, so che devo andare dall'amico bigliettaio di Trenitalia che mi darà non poche sofferenze. In fila c'è solo un caro vecchino che in pochi secondi si trasforma in Vecchiodimmerda visto che perde tempo raccontando al bigliettaio che dopo l'infarto prendeva 19 pillole al giorno ma adesso solo 11. Quando riesco a pormi davanti all'uomo Trenitalia, realizzo che forse preferivo il vecchiaccio, visto che mi propone il prossimo Freccia Rossa per Torino al prezzo equivalente a quello di un cuore umano sul mercato nero degli organi. E giù madonne.
Alla fine sono arrivato a Torino con solo un'ora e mezza di ritardo ma con molte energie nervose gettate alle ortiche. Sul treno, che bisogna ammetterlo: costa come un cuore nuovo, ma è molto figo, non mi sono neanche preso la briga di verificare lo stato del bagno della carrozza. Una volta raggiunta la mia destinazione, la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare in bagno. E giù madonne.




P.s: questo era l'ultimo post della stagione. Durante l'estate si farà come la migliore tradizione delle tv commerciali, ovvero: repliche, repliche, repliche! Le nuove storie partiranno più o meno da fine agosto, la bella stagione (temo) sarà foriera di nuovo materiale per le prossime storie. Grazie a tutti quelli che in sei mesi hanno voluto perdere del tempo leggendo di uno che va in bagno.

Acciaio

lunedì 10 giugno 2013

Man at work

Questa settimana va cosi, occupato come non mai a cercare di recuperare quel pezzettino di carta nonostante la mia prossima anzianità, sono costretto a mettere da parte, almeno per questa settimana, le eroiche gesta nelle toilettes del mondo. Abbi fede mio caro avventore, che se tutto va come deve andare, una storia post-discussione ci scappa sicuro sicuro.

 Con stima rinnovata
Acciaio

lunedì 3 giugno 2013

Rituali

Chi di noi, spaventato da qualsiasi situazione (imminenza di cose stupide e pericolose, prossime scadenze, posto di blocco, etc..) non ha mai pronunciato la celeberrima frase: “Mi sto cagando addosso"? Ovviamente anche io non sono esente da questa cosa però con una particolarità, e dio solo sa come la odio: quando sono teso e dico o penso: “Oh, mi sto cagando addosso!” la cosa succede davvero! Mi spiego meglio, se dico che mi sto cagando addosso, è perchè devo davvero disporre in bagno.
La tipica situazione in cui questa cosa si verifica è quando devo dare un esame in università: porca puttana ogni volta che arrivo fuori dall'aula mi tocca scapparmene nelle "mie stanze"! Naturalmente con il tempo ho cercato di contrastare questo problema senza però raggiungere risultato alcuno e l'unica cosa che posso fare è, maledizione, alzarmi dal letto una mezz'oretta prima in modo da avere il tempo necessario per espletare le mie funzioni.
Lo schema è il seguente: prima di uscire di casa mi preparo consapevole del fatto che se provassi a sedermi sul water non succederebbe assolutamente nulla, già in ansia per il fatto che l'ansia che avrò mi proverà problemi di intestino (questa grammatica italiana mi fa sudare), salgo sui mezzi pubblici e so che in caso di problemi sarei spacciato, questa eventualità puntualmente accade e io sono costretto ad interrompere il ripasso e concentrarmi sui miei sfinteri. Arrivato in università benedico il momento in cui ho deciso di svegliarmi mezz'ora prima, schivo il capannello di persone intente a ripassare, accenno un timido sorriso e viaggio verso il bagno.
Scaricato, esco dalla porta del bagno e generalmente molti notano che ero entrato nel bagno parecchi minuti prima ma io non me ne preoccupo, in orario per l'esame e pronto per ripassare, che vada bene o che vada male. (Poesia)