lunedì 23 settembre 2013

L'asso di picche

Chi ha buona memoria ricorderà che una sorta di predizione era già stata fatta in un post prima delle vacanze estive. Il buon Acciaio si è laureato e durante la discussione della tesi non si è fatto mancare nulla, ma proprio nulla. All'inizio di questo blog si raccontava come la tensione pre esame giocasse un vigliacco tiro mancino all'intestino di chi scrive. E' consuetudine il fenomeno per cui ad ogni mio esame universitario corrisponda una “seduta” mezz'ora prima dell'appello. La predizione era proprio questa: figurarsi cosa può succedere quella mezz'ora prima della discussione della tesi finale! Infatti. Infatti succede che ci si deve presentare ore e ore prima perchè “non sai mai, può succedere la qualsiasi” mi dice il mio relatore. Ma la qualsiasi cosa??? Basta fare delle liste e uno sa quando si deve presentare! Io mi lamento ma meglio cosi, arrivo in università quando ancora la rugida accarezza i fasci d'erba e gli usignoli cantano il risveglio del mondo, solo io rompo il clima idilliaco. Vestito come un controllore degli autobus, addormentato, pallido e più scazzato che teso, mi metto a ripensare il discorso che dovrò fare davanti alla santa inquisizione. Quando ad un bel punto, ciò che era ampiamente prevedibile accade. Io dissimulo, ma una certa ansia la trasudo e cosi sento lo strizzone che come di consueto mi prende il basso ventre. La procedura è la solita, basta tenere a mente la regola aurea del piano superiore (vedi post su Londra) specie il giorno delle lauree che la facoltà sembra il circo Orfei pieno com'è di esseri umani di ogni ridda, nani, vecchi con o senza ruote, infanti, 'mbriaconi, tutti rientranti nel variegato gruppo “parenti”. Io, spinto da una causa superiore li dribblo abilmente facendo anche qualche multa a dei vecchi forte del mio vestito che concede autorità, arrivo all'ultimo piano (dove praticamente manca solo la targhetta con il mio nome) e finalmente “scarico” buona parte della tensione accumulata. Non mi rendo subito conto che quello di cui mi sono appena liberato è l'asso di picche di tutte le espulsioni pre-esame, me ne accorgo solo qualche minuto dopo, quando la sempre ottima Shelly (cosi chiamata per il tipico aspetto carinino, biondino, piccolino, sorrisino) torna dal bagno con il terrore in volto. Alla richiesta di spiegazioni il suo pallore aumenta: balbettando, spiega che è appena uscita dal bagno (quello all'ultimo piano ovviamente, regola aurea docet) e di come abbia sentito l'odore degli inferi, del demonio e della morte. Non ci metto molto a capire a cosa si sta riferendo la graziosa Shelly, (invecchiata di 40 anni in quel momento) e non a caso rivendico la paternità dell'origine del maligno odore; Gonfio il petto. Lei stupefatta mi chiede spiegazioni, tra cui il geniale “Ma ero nel bagno delle donne come ha fatto ad arrivare fino a lì??”, io con tranquillità in volto ma orgoglio nel cuore, spiego come quellasia stata l'espusione definitiva, quella del pre-laurea e di come l'inevitabilità dell'evento sia più che normale. I miei colleghi universitari, che negli anni hanno imparato a conoscere questa mia particolarità, annuiscono complici. Inutile stare ora a raccontare quello che è successo dopo: discussione, festeggiamenti e tutto quanto. L'importante ora.........boh, non saprei come concludere, dai a 'sto giro niente morale della favola! Baci baci.

lunedì 16 settembre 2013

Il Superuomo

Durante l'estate appena trascorsa sono incappato in uno dei più classici degli incontri: l'ex compagno di banco delle superiori. Egli è quella persona che normalmente, al di fuori della vita scolastica, non vorresti dargli neanche il saluto ma che nei quattro muri della propria classe diventa un insostituibile partner per la sopravvivenza nel mondo dell'istruzione superiore. Ebbene il compagno, che da questo momento verrà chiamato Nietzsche (poiché nel tempo ha dimostrato, come molti della nostra classe a quell'epoca, un intelletto al dì  mooooolto sopra della media ma comunque dimostrando di abbracciare le teorie del SuperUomo tanto a care a certi ambienti delle prealpi orobiche) mi accenna in quel caldo giorno estivo, al presente blog e al perchè non è presente un post su tutte quelle volte che si “impiccava” e  poi io sparivo. (Impiccare = Bigiare, marinare, fare sega, saltare, limare, etc..). Recepito questo input al mio cervello, segue un momento di vuoto totale. Poi l'archivio nella mia testa mi restituisce un intero faldone di tutti quei magici momenti a cui Nietzsche faceva riferimento. Accadimenti che si presentavano con una tale regolarità che io li avevo persino rimossi collocandoli nella totalità dell'episodio “saltare la scuola”. Spiego: si dà il caso che per ogni scuola superiore del mondo corrisponda sempre un bar, situato a circa 500 metri di distanza dalla suddetta, anonimo, con molti posti a sedere ma soprattutto dotato di biliardino e videogiochi, spesso nascosti ai normali avventori. Il “nostro” bar li aveva in un piano seminterrato. Il diabolico proprietario aveva creato la base perfetta per tutti gli studenti in cerca di un rifugio, un irresistibile maga Circe per il giovane adolescente che offriva riparo da occhi indiscreti, attività ludiche e superalcolici terribili come il Bellini, il Bacardi Breezer o la temutissima ed amarissima BIRRA. Anche il gruppo composto da me, Nietzsche ed altri luminari e futuri premi Nobel non faceva eccezione. Usavamo quel bar (di cui neanche ricordo il nome, forse perchè non l'ho mai saputo o addiritura perchè proprio un nome non ce l'aveva) come base per poi decidere il dà farsi: entrare a scuola in ritardo, andare alla grande metropoli Bergamo o inventarsi uno sciopero e quindi tornarsene a casa. Non era rara la soluzione alternativa a quelle appena citate, ovvero passare l'intera mattinata davanti al biliardino decidendo cosa fare di quella mattinata. Ed proprio in quel momento sacro che celebrava il gruppo, lo stare insieme che io mi distaccavo per dedicarmi a ciò che Nietzsche mi ha ricordato. A pensarla con il senno di poi la causa di tutti i miei mali era ovviamente l'orrido miscuglio che creavo nel mio stomaco: latte a casa, cappuccino nel bar seguito da improbabili intrugli dolci-salati. La cosa positiva del bar era che il biliardino e il bagno erano nello stesso locale al piano di sotto. La cosa negativa, e che annulla quella positiva, era che la chiave del bagno era appesa dietro il bancone del bar al piano di sopra, cazzo! (Vecchie ferite di riaprono, grazie Nietzsche!). E cosi, ogni volta che tornavo giù da quelle scale, i miei compagnucci notavano che avevo in mano solo una chiave in luogo delle solite brioches, questo scatenava una trafila di prese per il culo straordinarie a me dirette. Ma io indifferente andavo in bagno e mi liberavo puntualmente dell'orrido bolo. Analizzando a distanza di anni questi eventi che si verificavano con puntualità svizzera, credo siano stati proprio questi a forgiare il totale disinteresse verso l'Altro quando sono nei momenti d'allarme e forse Nietzsche, oggi come allora, ha contribuito a creare in modo del tutto peculiare uno degli aspetti tipici del suo amato SuperUomo.

lunedì 9 settembre 2013

Discovering London pt. 2 - Alzare il proprio orizzonte

Come già anticipato nella prima parte dell'epopea londinese, ho vissuto i miei giorni britannici affetto dal più o meno gradevole fenomeno per cui ogni volta che viaggio mi si restringe un po' la cloaca. Nel caso specifico, in una settimana ho dovuto appoggiare le mie terga soltanto tre volte. Svelata una delle tre sedute nel post precedente, è ora di raccontare le altre due che hanno in comune il contesto: un museo. Ebbene si, evidentemente la cultura mi fa cagà, non si spiega in altro modo, ma attenzione! Qui non si parla di due museetti (si pronuncia: muse,e -respiro- tti) da quattro danari, bensì del British Museum e della Tate Modern, due dei musei più famosi al mondo. Diciamo che con le mie performance ho provato ad essere degno del luogo in cui mi trovavo. La mia prima chiamata all'ordine (nella mattinata del quarto giorno di "sciopero", cominciavo a preoccuparmi) è stata mentre si visitava il British Museum, immensa esposizione permanente che riassume l'intera cultura mondiale dai primordi della civiltà fino ad arrivare all'altro ieri. Vuoi che in un posto cosi solenne non mi viene da visitare anche i solenni bagni? Ovvio che no. Finalmente dopo giorni di silenzio comunico ad Acciaia, non senza una punta di gioia, il solito messaggio, “Io ho una pratica da sbrigà”. Mi avvio cosi in quegli che sembrano dei semplici bagni pubblici ma che in realtà sono un punto dove convergono milioni e milioni di essere umani da ogni angolo del mondo che si liberano del loro retaggio culinario, anche in questo il British Museum non è secondo a nessuno e infatti penso: “Chissà che troiaio”. E invece. E invece mi accorgo subito che la lunga coda che porta verso i bagni è composta da sole donne, rido, le schivo ed entro nel comunque affolato bagno maschile. Pochi minuti d'attesa ed entro nel cunicolo dove c'è il water che inaspettatamente è quasi pulito! Ma pensa, la gente nei musei è civile! Contento, mi siedo ed elimino materiale che molti stati dichiarebbero illegale come il fosforo bianco. Uscendo vedo che vicino ai lavandini c'è addirittura una piccola fontanella per abbeverarsi, quasi quasi vado nei musei solo per andare in bagno! Ma è nella Tate Modern che ho l'occasione di sfruttare tutta l'esperienza accumulata nel tempo, la situazione è la medesima di quella appena descritta: durante la visione delle opere dentro il museo, questa volta un po' più piccolo del primo ma comunque molto vasto, mi sgancio da Acciaia (che poi ritroverò come sempre appoggiata ad una ringhiera con la faccia sconsolata) e vado verso il bagno. Quando arrivo alla porta realizzo che la cosa è infattibile, c'è tantissima gente, molto più che al British e comunque esce una puzza di fogna non sottovalutabile, mi crolla un mito della pulizia museale nato solo qualche giorno prima. Urge un piano B. E qui faccio uscire tutta la scaltrezza tipica di chi non può permettersi nemmeno una piccola sgommata, sarebbe la via diretta verso la disgrazia. Mi fiondo allora verso le scale mobili e salgo al primo piano, qui c'è molta meno gente ma so che posso fare meglio, prendo allora la rampa successiva e vado al secondo piano dove ci sono prevalentemente esposizioni temporanee e soprattutto a pagamento: il deserto. Ad occhio sul piano ci saranno quindici persone al massimo. Con un sorrisone di soddisfazione vado verso il bagno che trovo lindo e pulito come quello di un ospedale, un signore asiatico sta uscendo e mi guarda quasi scusandosi per essere uscito dal bagno che anche io mi sto accingendo ad usare. Mi siedo colmo di soddisfazione ed elimino la seconda ondata di scorie nocive. La giornata non avrebbe potuto prendere una piega migliore, percui quando si è in un luogo molto affollato e si è in emergenza la regola d'oro è: puntare in alto, avere grande ambizione e... andare almeno al secondo piano.

lunedì 2 settembre 2013

Discovering London pt.1 - Abbassare la guardia

Per le vacanze estive ho deciso di visitare Londra, città enorme e bellissima che può offrire la qualsiasi. Al mio fianco l'infaticabile Acciaia, ma già occorre fare una piccola digressione: circa due mesi prima della partenza, al momento di prenotare i biglietti da quella società di ricatto, furto ed estorsione che è riconosciuta sotto il nome di Ryanair, tutti e due ci siamo soffermati a riflettere su una particolarità della città inglese e di tutta la sua nazione, ovvero il cibo non proprio squisito. O meglio, gli effetti tragici che quest'ultimo avrebbe potuto avere sul mio organismo, la conclusione però è stata che insomma... sticazzi! Siamo in vacanza ed ogni porcheria solida o liquida, dolce o salata è permessa. Cosi è stato.
Durante la nostra settimana londinese però, è accaduto quel fenomeno che (vivaddio) mi accade spesso quando sono lontano da casa, respirando altra aria, avendo altri ritmi, succede che il tutto si restringe, diventa blando. Questo evento (cui ancora non sono riuscito a trovare un nome adatto, Il tunnel della Manica? Lo stretto di Messina? Bah..) mi consente di visitare il luogo dove mi trovo in relativa tranquillità nonostante i vari hamburger, cheesecake, birre, sidri, e ogni genere di CAZZATA presentata agli organi interni.
Il risultato di tutto ciò è che in una settimana ho avuto soltanto tre chiamate all'altissimo. Una pacchia.
Ma dove sta il risvolto della medaglia in tutto ciò? Sta nel fatto che, come ogni pentola a pressione che si rispetti, più si riempie e più il rischio di scoppio è alto. Fortunatamente nessuna esplosione si è verificata ma quando la chiamata arriva, la fede non ha limiti, nemmeno se sei nel cuore dell'enorme Hyde Park. Nessun problema, l'efficienza inglese mi porta a trovare l'indicazione al bagno pubblico più vicino che sicuramente sarà pulito e fresco di rosa perchè ogni mattina verrà pulito e lucidato da un probo netturbino. Abbasso la guardia, arrido al fato. Che puntualmente me la fa pagare, in un modo subdolo e più psicologico questa volta, ma sicuramente più efficace. Infatti il dazio da pagare non sono certo i 50 pence da cacciare all'ingresso, che tiro fuori senza batter ciglio, bensì quella targhetta che noterò solo alla fine del lavoro. Infatti entro nel bagno e mi si presenta un water parecchio malandato ma effettivamente pulito, io mi siedo ed elimino le scorie prodotto di eccessi dei giorni precedenti, tante ma tante. A quel punto mi alzo e tiro la catena, lo scarico non va ma io ne batto allegramente visto che il mio lavoro l'ho fatto! Gonfio d'arroganza faccio per uscire dal bagno quando solo a quel punto noto la piccola targhetta apposta sulla porta, incuriosito la leggo: “Le malattie veneree sono un problema serio e pericoloso! Questo luogo non si può ritenere del tutto sicuro per la trasmissione di virus! Se hai dubbi e hai bisogno di aiuto, chiama il numero 0800 XXXXXX”. Giuro che sono uscito dai bagni seriamente turbato, non ci avevo mai pensato! Se penso in tutti i posti dove mi sono “chinato” è un miracolo che non abbia la peste, la pellagra, il carbonchio, il tifo!
Ritrovo un'Acciaia sconsolata ed appoggiata ad una ringhiera, subito le comunico tutte le mie preoccupazioni e lei, che mi capisce, mi tranquillizza cosi: “Tsk! Dopo tutto questo tempo pensavo fossi già morto li dentro...”. Grazie Acciaia.