Come
già anticipato nella prima parte dell'epopea londinese, ho vissuto i
miei giorni britannici affetto dal più o meno gradevole fenomeno per cui
ogni volta che viaggio mi si restringe un po' la cloaca. Nel caso
specifico, in una settimana ho dovuto appoggiare le mie terga soltanto
tre volte.
Svelata una delle tre sedute nel post precedente, è ora di raccontare le
altre due che hanno in comune il contesto: un museo. Ebbene si,
evidentemente la cultura mi fa cagà, non si spiega in altro modo, ma
attenzione! Qui non si parla di due museetti (si pronuncia: muse,e
-respiro- tti) da quattro danari, bensì del British Museum e della Tate
Modern, due dei musei più famosi al mondo. Diciamo che con le mie
performance ho provato ad essere degno del luogo in cui mi trovavo.
La mia prima chiamata all'ordine (nella mattinata del quarto giorno di "sciopero", cominciavo a preoccuparmi) è stata mentre si visitava il British
Museum, immensa esposizione permanente che riassume l'intera cultura
mondiale dai primordi della civiltà fino ad arrivare all'altro ieri.
Vuoi che in un posto cosi solenne non mi viene da visitare anche i
solenni bagni? Ovvio che no. Finalmente dopo giorni di silenzio comunico
ad Acciaia, non senza una punta di gioia, il solito messaggio, “Io ho
una pratica da sbrigà”. Mi avvio cosi in quegli che sembrano dei
semplici bagni pubblici ma che in realtà sono un punto dove convergono
milioni e milioni di essere umani da ogni angolo del mondo che si
liberano del loro retaggio culinario, anche in questo il British Museum
non è secondo a nessuno e infatti penso: “Chissà che troiaio”. E invece.
E invece mi accorgo subito che la lunga coda che porta verso i bagni è
composta da sole donne, rido, le schivo ed entro nel comunque affolato
bagno maschile. Pochi minuti d'attesa ed entro nel cunicolo dove c'è il
water che inaspettatamente è quasi pulito! Ma pensa, la gente nei musei è civile! Contento, mi siedo ed elimino materiale che molti stati
dichiarebbero illegale come il fosforo bianco. Uscendo vedo che vicino ai lavandini c'è addirittura una piccola fontanella per
abbeverarsi, quasi quasi vado nei musei solo per andare in bagno!
Ma è nella Tate Modern che ho l'occasione di sfruttare tutta
l'esperienza accumulata nel tempo, la situazione è la medesima di quella
appena descritta: durante la visione delle opere dentro il museo,
questa volta un po' più piccolo del primo ma comunque molto vasto, mi
sgancio da Acciaia (che poi ritroverò come sempre appoggiata ad una
ringhiera con la faccia sconsolata) e vado verso il bagno. Quando arrivo
alla porta realizzo che la cosa è infattibile, c'è tantissima gente,
molto più che al British e comunque esce una puzza di fogna non
sottovalutabile, mi crolla un mito della pulizia museale nato solo qualche giorno prima. Urge
un piano B. E qui faccio uscire tutta la scaltrezza tipica di chi non può
permettersi nemmeno una piccola sgommata, sarebbe la via diretta verso
la disgrazia. Mi fiondo allora verso le scale mobili e salgo al primo
piano, qui c'è molta meno gente ma so che posso fare meglio, prendo
allora la rampa successiva e vado al secondo piano dove ci sono
prevalentemente esposizioni temporanee e soprattutto a pagamento: il deserto. Ad occhio
sul piano ci saranno quindici persone al massimo. Con un sorrisone di
soddisfazione vado verso il bagno che trovo lindo e pulito come quello
di un ospedale, un signore asiatico sta uscendo e mi guarda quasi
scusandosi per essere uscito dal bagno che anche io mi sto accingendo ad
usare. Mi siedo colmo di soddisfazione ed elimino la seconda ondata di
scorie nocive. La giornata non avrebbe potuto prendere una piega migliore,
percui quando si è in un luogo molto affollato e si è in emergenza la
regola d'oro è: puntare in alto, avere grande ambizione e... andare
almeno al secondo piano.
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