Questa settimana mi copro di vergogna.
Confesso al web tutto che ho rinunciato. Giuro, non ce l'ho fatta,
siamo andati oltre. La linea rossa tanto sbandierata da Obama non
riguarda le armi chimiche in Siria bensì lo stato di igiene,
manutenzione e pulizia di una stazione della metropolitana milanese,
forse la peggiore per chi deve andare in bagno: Duomo.
Alla fine di uno dei miei ultimi giorni
di lavoro decido di concedermi un aperitivo per le vie centrali di
Milano, gli spritz e i Negroni sbagliati fanno da lubrificante al
cibo da bancone di cui il locale è ben fornito. Nulla di tragico ed
esagerato per la verità.
Qualche ora (e qualche birra) dopo, io e la compagna da aperitivo, decidiamo di prendere la strada verso casa, quindi verso la
metropolitana, che come tutti sanno durante una qualsiasi sera in
settimana è un perfetto esempio di efficienza e puntualità (se, sto
cazzo!). Ora, di solito scrivo che durante il tragitto succedono
delle cose molto brutte nelle mie interiora, stavolta non è cosi.
Non succede proprio nulla, solo un lieve e naturale stimolo
facilmente trattenibile dai miei sfinteri probabilmente felici di
dover gestire un cosi lieve periglio (un defcon 4 direi...). Dentro
la stazione però, ammetto, vengo preso da curiosità e comunque
spinto da quel lieve stimolo mi metto alla ricerca del bagno della
stazione (non sono mai abbastanza le volte per ricordare che ogni
stazione ha il suo bagno). Dopo pochi secondi il classico cartello
con la donnina e l'omino entrano nel mio campo visivo ed io entro in
quella piccola zona in cui ci sono due porte di lucido acciaio
separate da una gettoniera. La prima cosa che mi è venuta in mente
solo le cabine suicidio di Futurama.
Ancor più incuriosito decido di
frugarmi dei 20 centesimi richiesti (o forse me li faccio prestare
chi può dirlo?) per accedere alle cabine suicidio. Emozionato come
un bambino quando cerca di capire qual è la sorpresa dell'ovetto
Kinder, inserisco la monetina e pigio il tasto con l'omino
stilizzato. Subito si apre la porta della cabina alla mia sinistra,
contemporaneamente sento un rumore di sciacquone provenire dalla
cabina di destra, significa che c'è una Lei coraggiosa! Ancor più
contento entro nella cabina suicidio e lo scenario che mi si para
davanti mi fa perdere il sorriso. Innanzitutto l'odore, cosi acre che
mi brucia i peli del naso. L'aria è gialla e marrona. Poi le pareti,
proprio come le immaginavo: tutte di acciaio lucido che deformano
orrendamente la tua figura riflessa, cosi com'è d'acciaio lo stesso water che
purtroppo è ricoperto di vario materiale tra cui carta di giornale
che è presente anche nell'allagato pavimento in gomma. Nella parete
opposta al water ci sono due fessure, una grande e una piccola, sopra
due scritte in font post-fascista che dicono SAPONE e LAVAMANI.
Nessuna traccia delle motoseghe e dei coltelli tipici della cabina
suicidio.
Inorridito da tutto ciò, decido che qui
dentro posso solo fare la pipì ma nel mentre dell'atto sento strani rumori elettronici,
forse mi sono sbagliato, adesso escono le armi... Invece no, capisco che il tempo a mia disposizione sta
scadendo e io terrorizzato tento di uscire dal quel lurido postaccio,
scorgo un tasto vicino alla porta ricoperto di sporco che spingo con
la nocca del mignolo e la porta mi permette di uscire, inalo con
gioia l'aria viziata di sottosuolo.
Come dicevo, questa volta proprio non
ce l'ho fatta. Forse diventerò come papa Celestino V, anche lui
resosi protagonista di un altro celebre rifiuto. Chissà, forse anche
in Vaticano avevano le cabine suicidio.