lunedì 28 ottobre 2013

Il gran rifiuto

Questa settimana mi copro di vergogna. Confesso al web tutto che ho rinunciato. Giuro, non ce l'ho fatta, siamo andati oltre. La linea rossa tanto sbandierata da Obama non riguarda le armi chimiche in Siria bensì lo stato di igiene, manutenzione e pulizia di una stazione della metropolitana milanese, forse la peggiore per chi deve andare in bagno: Duomo.
Alla fine di uno dei miei ultimi giorni di lavoro decido di concedermi un aperitivo per le vie centrali di Milano, gli spritz e i Negroni sbagliati fanno da lubrificante al cibo da bancone di cui il locale è ben fornito. Nulla di tragico ed esagerato per la verità.
Qualche ora (e qualche birra) dopo, io e la compagna da aperitivo, decidiamo di prendere la strada verso casa, quindi verso la metropolitana, che come tutti sanno durante una qualsiasi sera in settimana è un perfetto esempio di efficienza e puntualità (se, sto cazzo!). Ora, di solito scrivo che durante il tragitto succedono delle cose molto brutte nelle mie interiora, stavolta non è cosi. Non succede proprio nulla, solo un lieve e naturale stimolo facilmente trattenibile dai miei sfinteri probabilmente felici di dover gestire un cosi lieve periglio (un defcon 4 direi...). Dentro la stazione però, ammetto, vengo preso da curiosità e comunque spinto da quel lieve stimolo mi metto alla ricerca del bagno della stazione (non sono mai abbastanza le volte per ricordare che ogni stazione ha il suo bagno). Dopo pochi secondi il classico cartello con la donnina e l'omino entrano nel mio campo visivo ed io entro in quella piccola zona in cui ci sono due porte di lucido acciaio separate da una gettoniera. La prima cosa che mi è venuta in mente solo le cabine suicidio di Futurama.
Ancor più incuriosito decido di frugarmi dei 20 centesimi richiesti (o forse me li faccio prestare chi può dirlo?) per accedere alle cabine suicidio. Emozionato come un bambino quando cerca di capire qual è la sorpresa dell'ovetto Kinder, inserisco la monetina e pigio il tasto con l'omino stilizzato. Subito si apre la porta della cabina alla mia sinistra, contemporaneamente sento un rumore di sciacquone provenire dalla cabina di destra, significa che c'è una Lei coraggiosa! Ancor più contento entro nella cabina suicidio e lo scenario che mi si para davanti mi fa perdere il sorriso. Innanzitutto l'odore, cosi acre che mi brucia i peli del naso. L'aria è gialla e marrona. Poi le pareti, proprio come le immaginavo: tutte di acciaio lucido che deformano orrendamente la tua figura riflessa, cosi com'è d'acciaio lo stesso water che purtroppo è ricoperto di vario materiale tra cui carta di giornale che è presente anche nell'allagato pavimento in gomma. Nella parete opposta al water ci sono due fessure, una grande e una piccola, sopra due scritte in font post-fascista che dicono SAPONE e LAVAMANI. Nessuna traccia delle motoseghe e dei coltelli tipici della cabina suicidio.
Inorridito da tutto ciò, decido che qui dentro posso solo fare la pipì ma nel mentre dell'atto sento strani rumori elettronici, forse mi sono sbagliato, adesso escono le armi... Invece no, capisco che il tempo a mia disposizione sta scadendo e io terrorizzato tento di uscire dal quel lurido postaccio, scorgo un tasto vicino alla porta ricoperto di sporco che spingo con la nocca del mignolo e la porta mi permette di uscire, inalo con gioia l'aria viziata di sottosuolo.

Come dicevo, questa volta proprio non ce l'ho fatta. Forse diventerò come papa Celestino V, anche lui resosi protagonista di un altro celebre rifiuto. Chissà, forse anche in Vaticano avevano le cabine suicidio.

lunedì 21 ottobre 2013

Problemi ordinari (per una volta)

Questo post è scritto quasi in diretta, come fosse una breaking news, il motivo? Seco lo introduco.
Qui non ci sono posti strani e nemmeno sostanze gaglioffe e traditrici, bensì un certo tipo di situazione che sono abbastanza sicuro sia condizione non certo rara per i più.
Sono accomodato sul mio water preferito, ovviamente quello di casa mia (come dice Pino "bavetta" Daniele: ogni scarrafone...) ad evacuare gli ultimi residui dell'ennesimo weekend che doveva essere morigerato però sai com'è, aperitivo, questa la pago io, ma no lascia, allora il giro dopo lo mando io, etc...e all'improvviso ti ritrovi all'alba con il soffitto che gira tutto, ma sto divagando. Torniamo il mio water. Finito il lavoro di fino allungo il braccio in cerca della carta igenica che (dai, a chi non è capitato?) irrimediabilemente non c'è! Non mi scompongo, ma con un certo disappunto faccio un fastidioso sforzo con le gambe per arrivare all'armadietto dove ci sono i rinforzi doppio velo, o meglio, dove avrebbero dovuto esserci! Il disappunto cresce.....
Problem solving: sei seduto, senza carta e solo in casa, come ti comporti? La risposta è semplice: nell'unica maniera possibile. Precisato che il bidet è per le schiappe, gli arrivisti e figli di papà nati nella bambagia con cucchiai d'oro e zuppa di tartaruga, a grandi balzi ci si deve avviare verso lo sgabuzzino dove sta la grande confezione di carta, rapidi come un ladro si prende un rotolo ed in un secondo si ritorna verso il water facendo finta che nulla sia successo, mentendo in primis a sè stessi. Poi va da sè che mezzo rotolo andrà via per fare un lavoro certosino ma la soddisfazione non è bene materiale, dico bene? Pensa, o caro lettore, quella volta che hai dovuto farlo tu questo lavoraccio, alla fine non è stato appagante? Happiness real only when shared.



P.s: settimana scorsa non è stato pubblicato post alcuno senza neanche mezzo avviso. Me ne scuso. Cambieranno un pò di cosine qui. E poi, questa settimana per la prima volta i disegnatori di South Park non hanno consegnato la puntata in tempo, se lo fanno loro...

mercoledì 9 ottobre 2013

Sfidare il Fato e avere la peggio



Si pubblica questa settimana la testimonianza di colui che si firma Testa di Quarzo (Diocisalvi). Le fastidiose parentesi in corsivo sono mie.

Capito per caso su questo blog del grande amico Acciaio (Lo dice lui), che mi ha chiesto di raccontare le disavventure del mio intestino. Sono un VIP molto noto da queste parti (Lo dice lui), e per questo motivo userò un nome fittizio, che sarà Testa di Quarzo.
Ne ho molte di storie da raccontare, ma quella che scelgo oggi è di quella volta che ho avuto il colera, termine tecnico con cui mi è stata diagnosticata una banalissima dissenteria. Bene, era il mese di luglio e, dopo un periodo relativamente stressante in cui ogni (e dico ogni) weekend avevo lavoro da sbrigare, finalmente ho un fine settimana libero. Così ho deciso di chiamare la mia amica Givlia (anche questo un nome fittizio) e di fare un giro per la rassegna vintage più famosa della zona (Il centro SNAI più vicino). Così parto con la mia autovettura verso casa di Givlia, e poi insieme andiamo verso il luogo della famosa manifestazione. Non mi sento molto bene, nel senso che sento un sommovimento continuo dovuto al fatto che probabilmente dovevo fare la grossa da tutto il giorno ma non avevo trovato modo di scaricarmi (non sono un amante della turca). Decidiamo di andare a bere un caffè prima di raggiungere la compagnia di amici. Vado dritto dritto verso il cesso dopo il combo caffè & sigaretta e sembra tornare tutto a posto. Mi sbagliavo. Tantissimo. Appena giunti nella piazza della manifestazione sento nella mia pancia delle fitte fortissime, tipo Alien che vuole uscire. A questo punto comincio a farmi delle domande tipo: non è che sono un essere alieno e dentro di me c’è qualcosa che si vuole riprodurre? Dov’è un bagno? Neanche il tempo di raggiungere la toilette più vicina e comincio a sudare freddo, ma così freddo che intorno a me cominciano a spuntare dei pinguini direttamente dal Polo Sud. Non riesco neanche a recarmi verso il bagno più vicino e mi dirigo velocemente verso un anfratto dove sbocco (voce del verbo vomitare) l’impossibile. Dopo una tappa obbligatoria al cesso torno a casa, nell’ignavia generale.
Ragazzi, i seguenti sono stati i giorni più brutti della mia vita. Sono anche andato all’ospedale per farmi curare e, tra le risate generali (nonostante io stessi rantolando), mi è stata diagnosticato un forte attacco di dissenteria. Pastiglie e antibiotici.
Morale della favola: esprimete sempre il sentore del vostro intestino, e fidatevi di lui, altrimenti potrebbe crescervi dentro un Alien. Come è successo a me. (Capito brutti infedeli?? Snobbate la turca e finirà male;, sottovalutate il pericolo della sigaretta+caffè e finirà male! Che questa storia serva da monito per tutti quelli che vogliono fare gli audaci - Ma no! Io la tengo! - Sarete oggetto di burle e derisioni da parte di tutti, proprio come è successo a: )

Testa di Quarzo

martedì 1 ottobre 2013

Una busta è per sempre

Questa settimana si pubblica la storia inviata da colui che si firma Mercurio:

Posso vantarmi di conoscere il buon ACCIAIO da quando il pargoletto, ancora in fasce, posava le basi per un futuro intestinale avventuroso e imprevedibile. Una stretta parentela ci unisce ed ahime..non solo quella, motivo per cui userò uno pseudonimo: MERCURIO sarà il mio nome, metallo allo stato liquido dalla forma plasmabile che ben rappesenta il concetto di adattabilità, prerogativa del mio IO intestinale.
Non starò a raccontare l’origine dei miei mali e le zone del mio corpo interessate..anche se qui si potrebbe aprire una discussione dai connotati inquietanti… ma ciò che più ha importanza è il responso del medico: “Caro Mercurio, qui dobbiamo intervenire in modo aggressivo se vogliamo debellare la causa del malessere:…… 10 giorni filati di antibiotici!!” Queste parole mi sono subito risuonate nella testa come prodrome di un oscuro presagio.
Inesorabilmente il misfatto si presenta puntualmente il quarto giorno di cura. Nel pomeriggio decido di fare una uscita dopo tre giorni di reclusione forzati. Dove vado di bello? Ma in farmacia ovviamente…a prendere un altro intruglio farmaceutico...  Improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno,  un movimento deciso e inconfutabile colpisce il mio basso ventre. È chiaramente un allarme “quasi” rosso! Insomma, riesco ad arrivare al mio turno, eseguo, esco e mi dirigo verso casa.
E qui compio un gravissimo errore… un errore di sottovalutazione del “quasi”, che non sarebbe mai dovuto capitare. Prima di salire a casa decido di spostare la macchina, parcheggiata fuori, nel box ubicato esattamente a 100 metri da casa.
In meno di due minuti giungo alla rimessa e mi appropinquo ad entrare nel box. E qui succede qualcosa di assolutamente anomalo. Appena scendo dalla macchina un movimento perentorio verso il basso affonda sui miei sfinteri facendomi piegare e immobilizzare di colpo. Un sudore freddo mi colpisce istantaneamente e comprendo chiaramente che quello che vorrei trattenere ancora per 5 minuti non ha alcuna intenzione di aspettare.  Salgo la rampa del garage eseguendo una telefonata a casa per avvertire di tenere aperte tutte le porte dall’ingresso al bagno perché la situazione stava assumendo i connotati del foto finish. Confido di coprire celermente quei 100 metri che mi separano dalla tazza promessa… ma non faccio nemmeno metà della rampa che realizzo… con discreto panico e dissenso… che non raggiungerò mai l’obiettivo!!
Il mio cervello deve inventarsi qualcosa nel giro di ormai pochi secondi… rientro nel box… mi guardo intorno freneticamente e…. mi si accende la lampadina!! Apro il bagagliaio della macchina, ricettacolo delle più svariate ed inutili cianfrusaglie… ED ECCOLA LI’!! una busta della spesa! E’ la mia salvezza! La prendo e cercando di non fare più casino di quello che la situazione poteva far presupporre (tipo non centrare la busta…) scarico inesorabilmente la massa informe e putrida!! MISSIONE COMPIUTA! Non credo che l’ingegnere capo, responsabile del raddrizzamento della Concordia, abbia potuto provare per la sua missione emozioni intense come le mie!!!
Prendo il mio bel sacchetto della spesa, al quale ho restituito sotto altra forma ciò che di solito è il suo contenuto originario, e mi accingo ad uscire. Indifferente, tra un passante e l’altro mi dirigo repentinamente verso un cassonetto e mi libero definitivamente dell’oggetto maleodorante.
Ho imparato fondamentalmente due cose da questa esperienza e spero che possano essere di pubblica utilità. 1) Quando si fa un cocktail di farmaci , MAI confidare nelle scale standard di allarmi personali per l’espletamento in tempo utile!    2) Ovunque andiate , in qualsiasi posto voi siate, un banale sacchetto di plastica può tirarvi d’impaccio dalle situazioni più estreme!
Un saluto da Mercurio, con la speranza di non ricascarci più!