martedì 4 novembre 2014

Manga non manga

Dopo questo lungo silenzio mi sento quasi in obbligo di raccontare la continua sventura che, manconemmenoapensarlo, non accenna a smetterla di abbattersi su di me e sui miei organi interni. La notizia è che Acciaio è ancora a Berlino e che sta ancora cercando una casa dove vivere sereno ed in tranquillità in un rifugio che protegga dal logorio della Big City. Va da sé che niente casa propria, niente bagno proprio.
Proprio questa sensazione di privazione del proprio personale regno, unito alla mia continua ricerca di una camera dove stare, crea situazioni spesso al limite dell'assurdo.
La mia giornata tipo consiste nello svegliarmi, fare un programma della giornata e cominciare a girare l'intera città bussando alle porte dei vari affittuari che cercano un coinquilino. Pratica già difficile e stressante di per sé, un'assolata giornata di fine settembre si dipinge con i colori del dramma. Tosto mi accingo a mostrare gli eventi: dopo aver svolto delle commissioni, vedo occupata la tarda mattinata in un piccolo appartamento in zona piuttosto periferica e molto residenziale, ergo: presenza di bar o luoghi pubblici nelle vicinanze quasi nulla. Sembra un dettaglio di contorno ma in seguito risulterà determinante.

Uscendo dalla fermata della metropolitana, mi metto alla ricerca della porta a cui dovrò bussare, ricordo chiaro e tondo un pensiero che mi attraversa la testa “oibò, il caffè della colazione sta avendo i suoi effetti, fra poco dovrò esercitare delle funzioni escretorie”. Parola per parola. Come se non conoscessi il funzionamento delle mie interiora, come non sapessi il pericolo mortale. Tant'è che, leggiadro come la rugiada una mattina primaverile, entro nella palazzina dove trovo una distinta signora asiatica di mezz'età che subito si prodiga in gentilezze ma soprattutto raccomandazioni. La donnina infatti (bisogna immaginarsi la gentile ma severa madre di qualsiasi manga), mi mostra il piccolo ma curatissimo appartamento e precisamente che lei è una persona molto pulita e vorrebbe qualcuno con uguali caratteristiche. Io, dal canto mio, provo a parlare, a mentire e provare a piacerle ma alla seconda sillaba mi risveglio come da uno stato di trans, come se non lo sapessi, mi viene alla mente che, tanto per cambiare, devo spregevolmente peccare nel primo bagno disponibile.

Ma il fato come al solito si diverte alle mie spalle e proprio mentre sto elaborando questo pensiero, la mamma manga pronuncia questa frase: “In casa si condivide tutto ma ci sono cose che l'attuale ragazzo usa di più, ad esempio usa tanta carta igienica e per questo se la compra lui”. Io a queste parole sbianco ancora più di quello che già non sono e accenno un sorrisino più falso dei fiori che ci sono all'ingresso e bofonchio cose tipo: “ah-ah-ah anche io ne uso”. Sento il bisogno di fuggire ma i muscoli sono sotto sforzo nella zona basso ventrale, mi congedo rapidamente e a passini molto brevi mi avvio verso l'ascensore per uscire da quel posto e trovare un posto intimo dove io possa ritornare alla vita di sempre. E' la stessa storia che si ripete mille volte sotto diverse maschere, i tremendi attimi che passano sono infiniti e l'agitazione e la concentrazione che occupano zone diverse del mio corpo mi impediscono di capire che l'ascensore è fuori servizio e io sto schiacciando da due minuti un tasto per richiamare il nulla. A passini sempre più corti l'un dopo l'altro mi avvio verso le scale dove, a questo punto, ogni sobbalzo e ogni vibrazione potrebbero essere fatali per gli sfinteri. Dopo aver sceso la prima rampa di scale mi fermo a ragionare in mezzo al pianerottolo dato che la discesa è costata fatiche e pericoli immani e all'esterno non ho scorto nessun luogo pubblico dotato di toilette. I petali delle scelte che ho a disposizione vengono drasticamente ridotti, l'opzione giardino è assolutamente scartabile visto che è pieno giorno e le mille finestre delle palazzine presenti nella zona nascondono sicuramente degli occhi indiscreti. Tra le mani mi rimane un solo petalo, quello più piccolo, sporco e umiliante. Facendo uno sforzo disperato risalgo le scale, vado verso la porta della mamma e suono il campanello. Lei riapre guardandomi incuriosita e io, che a quel punto non so più parlare in italiano figuriamoci in tedesco, le faccio capire non so come che ho bisogno del bagno, quello del io-sono-super-pulita-non-divido-la-cartigenica-brutti-sudicioni, in un secondo mi ci fiondo e mi libero dell'ultimo residuo del mi venerdi sera, purtroppo il bagno ci metterà molto di più ad eliminare i segni del mio passaggio. Cerco di usare meno carta possibile, di usare con parsimonia il lavandino e di asciugarmi le mani sui pantaloni, a quel punto esco dal bagno più costernato che mai chiedendo mille volte scusa alla mamma che quel punto si era messa a vedere amabilmente la tv. Lei, con un sorriso che sembrava vero, mi dice che non c'è nessun problema e mi riaccompagna alla porta. Io esco e fuggo lontanissimo.

Per tutto il giorno ho pensato alle possibili reazioni della mamma appena dopo avermi salutato, sicuramente si è lanciata subito dentro il bagno per controllare lo stato generale delle cose, lì (facendo una faccia tipica manga con la vena disegnata sulla fronte) si sarà accorta dell'orrenda aria impestata, dello stato del water, della finestra semiaperta e dell'asciugamano che io, mendace nel midollo, ho affermato di non aver toccato ma che inspiegabilmente era bagnato. Ma a quel punto io ero già in altri lidi, al sicuro.

Per la cronaca la casa era molto carina e ben curata, un ottimo luogo dove poter riposare le proprie membra dopo una dura giornata produttiva. Purtroppo, per qualche motivo che ancora non riesco a cogliere, sto ancora aspettando la risposta della cordialissima che dopo un mese ancora non mi richiama. Forse ha perso il mio numero, forse è deceduta, chissà...


lunedì 16 giugno 2014

Le care abitudini di una volta

Torna, dopo tempo immemore, una di quelle care e vecchie storie di una volta in cui il buon Acciaio si copre schifosamente di vergogna. Il motivo dell'ultimo capitolo di questo disagio rientra nella casistica classica delle detonazioni basso-ventrali: la grigliata.
Dopo oltre 7 mesi che sono a digiuno di questa pratica a me tanto cara, finalmente si presenta l'occasione per poter partecipare ad una di esse; Felice come un bambino, vado in uno dei tanti laghetti che costellano la periferia berlinese. La situazione è quella di sempre: carnazza a profusione, qualche verdurina buttata li giusto per darsi l'illusione che si è in grado di variare, aggiunti a vari malefici intrugli alcolici.
La giornata passa allegra e il miracolo della digestione compie, come sempre, il suo dovere trasformando i sopracitati nel mezzo che spesso riempie le giornate di tutti. Felice, mi avvio verso casa. Ora, solitamente quando cito il mezzo pubblico, lo faccio perchè è lì che il disastro puntualmente si compie. Invece no, va anche peggio, perchè io, l'ultimo tram per casa riesco anche a perderlo. Poco male, devo camminare si e no per un chilometro, l'ho fatto un sacco di volte. Mi avvio lesto verso casa non curante di una serie di elementi: 1- ho le scarpe fradice causa bagno nel lago, passeggiare non è certo agevole. 2- Sono vestito leggerissimo, magliettina e pantaloncini (per altro bagnati anch'essi). 3 – IL VENTICELLO, inesorabile, freddo e costante che si insidia sottopelle e causa catastrofi. 
E catastrofe fu.
Dopo aver percorso circa la metà del percorso sento lei, la Fitta, improvvisa e dolorosa che non mi dà il tempo di riflettere, di fare nulla. Solo di tenere duro. Passi stretti e testa bassa percorro altri 200 metri ma mi è presto chiaro che non riuscirò ad arrivare in casa, comincio a guardarmi intorno e a studiare la situazione. L'unica soluzione è fornita dalla striscia di siepi che separa il marciapiede dal parco alla sua destra, dall'altra parte soltanto il lungo viale.
Disperato recupero i fazzoletti dallo zaino (non mancano mai) e mi fiondo nella siepe nella tipica posizione del marine che sta per catturare un terrorista. Una volta che sono nell'antro mi rendo conto di una serie di cose: non solo il portone di casa sarà a 300 metri da me, ma anche che il parco non è un parco bensì un cimitero (rispetto prima di tutto). La cosa più grave però, che non ho calcolato causa panico e sudori freddi, è che mi sono infilato nel punto più sbagliato di tutto il viale, cioè all'altezza di un semaforo. Come cerco ti ottenere la giusta concentrazione ci sono cinque o sei macchine ferme proprio al mio lato, pregando che i fari non arrivino fino a me aspetto che scatti il verde. Quando, dopo circa 7/8 ore, scatta il benedetto verde posso finalmente concentrarmi: vista l'emergenza sbrigo la pratica in tempo record. Fiero di me, faccio per lasciare il mio cubicolo ma subito mi accorgo che il semaforo è di nuovo rosso che neanche i T-red di Carugate. Nuove auto, nuova attesa. Per concludere in bellezza, quando finalmente salto fuori dal cespuglio non mi accorgo che lo faccio davanti a tre passanti che, prima sorpresi, mi guardano esterefatti. Io, sguardo vacuo, li passo e sento le loro risate che confermano ancora una volta come il temibile bolo post-grigliata crei una delle situazioni più ingestibili.

Purtroppo questa volta la gloria non è arrivata, ma un altro tassello per forgiare l'anima si. Alla prossima grigliata più verdure.


lunedì 26 maggio 2014

Complicate relazioni genitoriali

Si pubblica oggi la testimonianza di Nobita (chiamato cosi in riferimento al moccioso e irritante bambino amico di Doraemon che per ogni cazzata andava a frignare dalla madre). Si noteranno alcune parole in corsivo, segno di una mia censura di termini ritenuti troppo forti per un pubblico raffinato e sensibile.

Ciao Acciaio,

mi sento in dovere di raccontarti la mia disavventura da defcazia che mi capitò circa dieci anni fa, ovvero quando dovetti eliminare una palla grande come un melone.
Accadde tutto subito, fin dalla fermata del pullman lo stimolo mi iniziò a colpire prepotentemente, quindi, mi precipitai a casa correndo forse più veloce di Bolt e mi fiondai nel primo cesso disponibile.
All'inizio sembrava un lavoro come tanti, ma dopo le prime avvisaglie arrivò il momento fatale!
Ebbene si, l' ultimo maledetto (in tutti i sensi) non aveva assolutamente voglia di uscire e quindi rimase incastrato: mezzo busto fuori ed il resto dentro. Il panico ebbe la meglio ed io iniziai ad appoggiarmi, cercando di far leva con il mio corpo per una migliore spinta, alla qualsivoglia. Provai anche a prostrarmi supino fregandomene di un'ipotetica fuoriuscita sul pavimento del mostro sferico, ma ancora nulla. La mia ultima decisione, da uomo virile quale sono, fu la migliore e la più logica in questi casi: chiamai mia madre!
Questa la telefonata:

Io: Mamma?
M: Dimmi
Io: Ho del materiale fecale incastrato nello sfintere anale che non vuole uscire!
M : Sei ancora ubriaco?
Io: No no, non so davvero come fare!
M : Ok, farmi andare in farmacia a prendere i guanti ed arrivo.

Perfetto, dopo aver ragionato un paio di minuti sulla conversazione antecedentemente avuta con la genitrice, iniziai a figurarmi un possibile scenario pornsplatter, quindi , con un ultimo sforzo che neanche nelle gare russe di sollevamento pesi, riuscii ad espellere il relitto.

Pareva una riproduzione in scala 1:3 di una palla da bowling, ma almeno sono sfuggito al maggiore dei pericoli. Quando mi ricomposi, con aria soddisfatta e sorriso beffardo, ricordo di aver pensato la seguente: “Va bene tutto ma non permetterò mai a mia madre di infilarmi la mani nel culo!"


lunedì 19 maggio 2014

Solidarietà e bon ton

Sovente accade che io svolga il dopo-lezione in qualche bar di Kreuzberg, il quartiere dove si trova quella palestra per il linguaggio che è la mia scuola di tedesco. Essendo qui il concetto di aperitivo molto effimero, ripieghiamo sempre sulla cara e vecchia birra, naturalmente c'è l'imbarazzo della scelta.
L'episodio che vado a introdurre si svolge in forse uno dei bar più conosciuti di questo quartiere berlinese: il Kotti Cafè. E visto che siamo in vena di introduzioni, mi tocca annunciare fin da subito che si tratta di una rinuncia; Anche questa volta non me la sono sentita di concludere, giuro però che c'è un valida (e divertentissima) giustificazione. Seguono i fatti:
Un'allegra brigata composta da 5 studenti colmi di sapere quotidiano si avvia verso il primo piano del Kotti Cafè (per chi non lo sapesse, il bar in questione non si trova a livello strada ma al primo piano di un palazzo). Una volta dentro, scatta la liberazione del cervello tramite freschissime e gustosissime Augustiner (che per me è piscio di gatto, ma vabbè).
Dopo la seconda birra aimè, inizia quello che per il mio apparato digerente è ormai un copione collaudato: micro fungo atomico in zona intestinale seguito da cieco panico. Quando mi ricompongo e ridivento padrone della situazione (ma quando mai?), temporeggio e penso ad un piano d'azione per liberarmi dei miei problemi. Dopo circa cinque minuti di pallore e silenzio, decido di fare il grande passo e di avviarmi verso il bagno del Kotti Cafè. A questo punto succede una cosa insolitamente positiva: per qualche strano caso biologico e fisico, i due passi che faccio per andare vero la toilette alleviano e di molto il mio senso di oppressione basso-ventrale.
Ormai però sono già in piedi e decido lo stesso di entrare nel bagno. Infausto, piccolo e maleodorante si presenta come una sfida, sorpasso la piramide di carta bagnata accanto al lavandino, i tre LIMPIDI orinatoi e mi infilo nel cubicolo dove sta collocato il Trono. Da questo momento in poi non sono più padrone della situazione. In realtà nella descrizione del bagno ho omesso un personaggio: davanti ad uno degli orinatoi intravedo quello che è chiaramente un energumeno tedesco visibilmente ubriaco. Nel momento in cui io provo a chiudere la porta del mio cubicolo, il tedescone decide di accogliermi in bagno con un roboante quanto improvviso scorreggione seguito da una frase che suonava più o meno cosi: “Questa era forte, eh? Ohohohohoh!”.
Ebbene io da quel momento ho cominciato a ridere come un cretino senza più riuscire a smettere, tant'è che esco dal bagno senza fare nulla.
Quando arrivo al mio tavolo gli altri astanti (che ormai conoscono bene la mia croce) notano il mio sorriso e credono di conoscere il motivo della mia felicità. Sbagliano. La verità è che anche tra le emissioni intestinali esiste una certa solidarietà.

martedì 29 aprile 2014

Medici senza vergogna

Anche questa settimana viene riportata una testimonianza molto importante, non solo perchè ancora una volta viene rappresentato il gentil sesso, ma anche perchè la storia si svolge oltreoceano e più precisamente in Brasile.
Protagonista della tragica avventura è colei che verrà nominata La Dottoressa Giò (in riferimento alla carriera professionale intrapresa dalla nostra ma anche un omaggio ad una Barbara D'urso in grande spolvero). Che cosa ci fa la Dottoressa Giò in Sudamerica? Forse ha deciso di prestare le sue competenze per qualche causa umanitaria, o forse sta intraprendendo un viaggio per verificare lo stato di uno dei sistemi sanitari più in crescita del mondo. Nulla di tutto questo: Giò è in Brasile a fare uno stage di danza.
Il viaggio è già stato organizzato di tutto punto prima della partenza e una volta che il gruppo arriva a Salvador de Bahia, la Dottoressa Giò viene letteralmente stipata insieme ad altre duecento persone in una palestra ed a questo punto è necessario fare un inciso molto importante. Detto il tipo di stage, non è stato specificato il tipo di danza: la Capoeira. Ora, la mia adolescenza è stata forgiata sugli insegnamenti che la Playstation ha generosamente voluto donarmi, quindi, quando io sento di parlare di capoeira non posso fare a meno di immaginarmi una schiera di Eddy Gordo di Tekken 3. A chi non accade lo stesso è segno di vecchiaia o infanzia terribile, l'ho detto.
Tornando a noi, la Dottoressa Giò, forte d'animo, gradisce la sistemazione di fortuna e anzi la considera un'occasione per la socialità, peccato che. Peccato che non fa i conti con il proprio apparato digerente che comunque avrebbe dovuto studiare; Il dramma è presto in scena. Giò, dopo una veloce perlustrazione, si rende conto con orrore che la palestra occupata da duecento persone dispone soltanto di quattro bagni. Tragedia.
A questo punto il medico più promettente del panorama europeo si fa prendere dal panico. Autodefinendosi “culo timido”, non riesce a trovare il bandolo della matassa per risolvere l'annoso rebus dell'evacuazione. Dopo concitati minuti, Giò trova la geniale soluzione approfittando anche di una caratteristica tipica femminile: poter trattenere il bandolo della matassa (o solo la matassa) per ore e ore e ore. Il piano è il seguente: assumendo un'espressione facciale più falsa di Giuda mentre intasca i denari, la Dottoressa Giò propone ad altre persone una veloce visita al moderno centro commerciale vicino alla palestra, “cosi, per far due passi”. Gli altri accettano senza sapere di essere diventati pedine di un vile tranello. Dopo qualche minuto di camminata, il gruppo di persone arriva dentro il lussureggiante centro commerciale e, appena passata lo porta d'ingresso, Giò si dilegua in una frazione di secondo bofonchiando parole come “casualità” “bagno” “pipì”. Si riunirà al gruppo ore dopo. Provata ma felice.

Non è dato sapere se le altre persone facenti parte della spedizione “Centro commerciale” abbiano mai saputo delle reali intenzioni della Dottoressa Giò. Quel che è importante sottolineare è che ancora una volta uno dei non-luoghi per eccellenza si sia rilevato una grande risorsa per l'individuo che si trova con le spalle al muro. In Brasile come nella grigia pianura padana, anche i Culi timidi hanno il loro approdo.


lunedì 14 aprile 2014

Marrone notte

Avviso all'incauto lettore: la seguente narrazione tocca dei livelli di disgusto solitamente evitati in questo rispettabile blog, ma il peso degli eventi impone un report crudo e frontale.
La testimonianza che viene a seguito riportata arriva questa settimana dalla Spagna, e più precisamente in quella che è notoriamente una delle città più bifolche della penisola iberica: Valencia. Protagonista dell'orrida situazione è colui che verrà chiamato El Chapo, riferito al noto capo del cartello della droga messicana, ovvero rude, vagamente sovrappeso e senza vergogna.
La situazioni è delle migliori: Botellon in una nota zona della città dove l'affluenza dei giovani virgulti desiderosi di lasciarsi andare per qualche ora è decisamente buona, tra questi vi è anche El Chapo con la sua allegra banda di amichetti. Descritto da questi ultimi come un tipo decisamente sopra le righe, El Chapo si distingue tra i presenti per il suo spiccato senso di testa-di-cazzaggine che lo porta, tra le altre cose, ad ingurgitare innumerevoli galloni di liquidi alcolici intervallati da ogni tipo di porcheria reperibile per strada e per il piccoli minimarket che costellano le vie di Valencia.
La festa si alza di livello e un gruppo di borrachones decide di spostarsi nell'elegante abitazione di uno degli invitati. Nel tragitto dalla piazza alla casa, El Chapo riesce a far scatenare una rissa con altri quattro Lords. Dopo alcuni educati scambi di cortesia, il nostro eroe riesce da solo a sbarazzarsi dei balordi e raggiunge trionfante la casa. Ma evidentemente lo sforzo della battaglia deve aver pesato perchè al Chapo crollano le gambe all'improvviso e, complice il maledetto mix nel suo stomaco, si accascia su un divano. Gli amici non osano destare il can che dorme cosi lo abbandonano su quel divano per ore. Purtroppo quegli stessi amici non notano che El Chapo ad un certo punto si alza dal suo giaciglio e si avvia verso il bagno. Dentro quello stanzino succedono cose inimmaginabili. La cronaca racconta che all'alba tutti se ne siano andati nelle proprie casa e che anche il proprietario stesso si sia diretto dritto dritto nel letto.
Il pomeriggio seguente accade la seguente scena: lo stesso proprietario si alza dal letto e mezzo rincoglionito se ne va verso il suo bel water, ma quando apre la porta dello stanzino si para davanti a lui una scena del delitto.
La prima occhiata va verso il water: nessuno vi è sopra appollaiato e il water stesso è in perfette condizioni. Rapido sguardo al centro dove il lavandino sembra essere stato risparmiato, ed ecco il dramma nella vasca da bagno. In questa ci sono tre cose, ognuna sbagliata a modo suo: un sacco d'acqua, inspiegabilmente qualcuno deve averla riempita. Secondo: El Chapo in stato d'incoscenza che dorme beato con tanto di vestiti e scarpe, ma soprattutto la terza: una strana paperella di gomma che in realtà non è paperella e non è nemmeno di gomma. Parafrasando Elio sembra proprio un dirigibile marrone senza elica e timone. Dramma. Urla. Pianti.

Purtroppo tutt'oggi non è ancora chiara la dinamica dei fatti e le domande senza risposta sono molte: chi ha riempito l'acqua? Il dirigibile quando è stato introdotto nella vasca? Prima dello svenimento del Chapo o addirittura prima che egli vi entrasse? Ma soprattutto, è davvero suo? Ci sono le basi per un nuovo libro di Dan Brown e purtroppo questa storia rimane senza un finale. Ma un mistero che ha caratteri biblici.


lunedì 7 aprile 2014

Condivisioni

Abito in una WG, ovvero in una casa condivisa che sta in un feudo turco all'interno di Berlino. Nell'appartamento vive oltre a me, una ragazza di teutoniche origini (che per questo verrà chiamata con un nome dei più leggiadri della cultura tedesca: Gudrun).
Una delle particolarità della nostra casetta è quella di avere un signor bagno, ovvero una stanza vera, con una finestra vera ed una doccia vera, qualità piuttosto rare da trovare nelle case della capitale e infatti questo è uno dei motivi per cui la casa mi è piaciuta fin dalla prima volta che l'ho vista.
La condivisione del bagno non ha mai dato nessun problema, il che è una grande fortuna per Gudrun che se avesse saputo non mi avrebbe nemmeno fatto entrare in casa; E' anche vero che prima o poi doveva succedere. In un sabato mattina come un altro (che la mia coinquilina chiama inspiegabilmente pomeriggio, saranno differenze culturali visto che erano le 14), sento il classico stimolone che proviene dal basso. Mi alzo dalla mia sedia e vado in bagno, che però trovo chiuso a chiave, pazienza, aspetto. Neanche il tempo di finire in pensiero “aspetto”, che sento il rumore della doccia che si accende, perfetto. Sto già sudando freddo.
Questa volta non è come il casa di Acciaia che posso bussare e cacciare chi c'è dentro (vedi qui), mi tocca aspettare e far partire la maratona di apnea, che, diomiosantissimo, durerà un'eternità: un mezz'oretta buona in cui alterno lo stare seduto in punta di sedia allo stare in piedi fissando il vuoto fuori dalla finestra con nel gambe a X. Finalmente una giustizia c'è, sento il classico “clak” della porta che si apre e io, manco fossi l'Usain Bolt dello sciacquone, scatto verso il bagno e con un'acrobazia sono già seduto sulla tazza ad espellere il maligno.
Fiero e tronfio, mentre sto ultimando i lavori sento la maniglia della porta che si abbassa, Gudrun se la trova bloccata ed è costretta a tornare indietro. Intuisco che forse non aveva finito di fare le sue cose e infatti quando esco dal bagno la trovo con un asciugamano in testa e mille spazzole in mano mentre tenta di riconquistare il bagno. Io nel mio stentato tedesco la avverto che forse sarebbe meglio aspettare qualche minuto, il tutto detto con il più falso dei sorrisi. Ma lei, intrepida, solida e teutonica, ne sfoggia un altro ancora più falso del mio ed entra nella stanza contaminata.

Da allora non l'ho più rivista.

lunedì 31 marzo 2014

Berlin City Toilet

Se nell'ultima storia pubblicata si raccontava dell'invasione dello spazio privato delle persone, in questo post mi sento in dovere di riportare l'esperienza in quello che è senza dubbio il bagno più condiviso che ci possa essere: la toilette pubblica, e nello specifico le versione berlinese di essa.
Oggetto piuttosto raro nelle principali città italiane, (ne parlai nella prima storia pubblicata, questa)
la City Toilet è un ornamento non desueto nel paesaggio urbano della capitale tedesca, anche se non è mai facile trovarne una quando se ne ha davvero bisogno. Sono abbastanza sicuro, tramite studi e ricerche, che l'assessore ai cessi pubblici nutra un naturale odio verso le persone che devono espellere i propri “pensieri” dato che dette toilette si trovano spesso in posti poco trafficati o nascosti della città.
Il mio primo approccio con uno di questi bagni pubblici è avvenuto piuttosto tardi, soltanto qualche giorno fa mentre sto camminando verso casa nel cuore della notte, dato che ho fatto casino con i mezzi pubblici. Nel mio vagare per le buie e deserte vie di Berlino, mi imbatto nella tipica cabinona bianca con l'insegna luminosa “City toilet”; Mosso più da curiosità che da reale bisogno (una volta tanto nessuno bussava alla mia mutanda), mi avvicino a quella che tanto somiglia alla cabina suicidio di Futurama. La guardo e mi concentro sul piccolo display luminoso posto al lato della porta: un touch screen dove è possibile selezionare la lingua e visualizzare il prezzo che è di 0,20 € (che si scrive uguale in qualunque lingua, ma vabbè). Decido di fare questo investimento ed entrare nel cabinotto. Segue scena da film: come la moneta cade nella gettoniera succedono due cose, parte una musichetta tipicamente lounge da dentro e si sente un rumore di pistoni che scaricano la pressione. La porta scorrevole lentamente si apre ma non esce alcun fumo d'atmosfera e nemmeno un astronauta. Io entro e studio l'ambiente; innanzitutto la musichetta lounge dura soltanto una ventina di secondi e continua in loop; nonostante l'ambiente appaia relativamente pulito è impossibile non avvertire la puzza di fogna che circonda il tutto. Data un'occhiata al normalissimo e quasi pulito water, mi concentro su ciò attira di più la mia attenzione: il Periscopio. Posizionato davanti al water ma, chissà perchè, un po' spostato sulla destra, scende dal soffitto un blocco d'acciaio che termina esattamente davanti alla faccia di chi è seduto sul water. Qui ci sono tre grandi pulsantoni: uno è quello dello scarico, il secondo ed il più bello è quello dove vi è dipinta una clessidra e la scritta “+20min” e terzo, e mi scuso, di cui non sono proprio riuscito a capire l'utilità. Il Periscopio, oltre ad essere curioso di suo, ha due particolarità che lo rendono magnifico quanto inutile: i pulsantoni appena descritti sono replicati anche sul lato opposto dell'aggeggio, quello che dà sulla porta, e soprattutto, il Periscopio (da qui il nome) si può alzare!! Per qualche oscuro motivo ai lati ci sono due maniglie che se premute, fanno scattare due leve che lo spostano contro il soffitto del bagno. Inspiegabile ma divertente.

Passo cinque minuti a giocare con il Periscopio, tiro lo sciacquone come segno del mio passaggio e premo il pulsante per aprire la porta, l'astronauta questa volta esce nel mondo reale e per una volta, fiero di non aver fatto nulla.

lunedì 17 marzo 2014

Lo zen altrui

Nella stragrande maggioranza delle storie qui esposte, l'unica persona che subisce ogni tipo di danni, disturbi e sfighe sono io. La constante ricerca di un bagno o di qualcosa che gli somigli crea situazioni disdicevoli solo per me, talvolta qualche lieve ritardo a chi accompagna e niente più.
Ora è arrivato il momento di svelare quella volta che sono stato costretto a fracassare gli altrui marroni e per giunta nemmeno in un bagno pubblico.
Il luogo del misfatto è infatti la casa della sempre più citata Acciaia e l'occasione era buona per trascorrere una pigrissima domenica sera appollaiati sul divano, piano che veniva settimanalmente applicato. Dopo qualche ora però, il mio organismo si ricorda che è domenica sera e che quindi questo significa terminare definitivamente il weekend appena trascorso espellendo tutte le scorie che io sconsiderato ho introdotto nel corpo (Per dovizia di particolari riporto che questa cerimonia di chiusura può avvenire il lunedi mattina). In ogni caso nessuno problema, comunico la lieta novella ad Acciaia e prendo la via del bagno quando una barriera ostruisce la strada tra me e il trono: la porta è chiusa a chiave. Dentro infatti c'è la sorella di Acciaia, non mi scompongo, aspetterò qualche minuto. Torno sul divano e mi posiziono nella classica posizione di attesa che è simile alla posizione del Loto ma più difficile. Passati cinque, interminabili minuti, Acciaia manda in frantumi il mio status Zen - “Ah, ma mia sorella è dentro a fare il bagno, ti toccherà aspettare un pò”. Sgomento, sono costretto ad abbandonare la posizione di attesa e cominciare a disperarmi, già per andare in bagno mi tocca fare i salti mortali quando sono in giro, ora pure nelle case della gente! Si attiva quella parte di corteccia celebrale adibita a sviluppare piani di azione per espellere, i secondi passano veloci e come sempre i muscoli del basso ventre si contraggono assai. Purtroppo per me, è domenica sera anche per il mio cervello e non riesco a pensare nulla di intelligente, di conseguenza vengo mosso dal puro spirito di sopravvivenza: vado verso il bagno, busso fragorosamente la porta e comunico alla Sorella le mie intenzioni in simil-falso tono disperato. Come risposta ricevo delle gran risate e dopo qualche secondo Sorella esce dal bagno lasciandomi il campo libero, solo a quel punto mi sento un po' in colpa perchè mi rendo conto che non solo le ho rovinato quel momento ma anche i minuti seguenti, dato che la cerimonia di chiusura lascia non poche scorie gassose.
Al momento di uscire dal bagno, mi vergogno come un ladro e con la testa bassa ritorno verso il divano senza spiccicare parola, Sorella torna dentro e chissà cosa sarà stata costretta a subire.

Da quel giorno ho cercato di rimuovere questo episodio dalla mia memoria per cercare di alleviare il senso di colpa. Con questa confessione pubblica spero di espiare il mio peccato e giuro/spero che d'ora in avanti l'unica persona che il mio apparato digerente disturberà sarò solo la mia.


martedì 4 marzo 2014

AEIOU

Ovvero Austriae Est Imperare Orbi Universo. Tale era il motto di Federico III mentre spingeva l'Austria verso l'avventura colonialista.
Questa ed altre scoperte le ho fatte sulla mia pelle durante un breve soggiorno a Salisburgo, città natale di Mozart e della Red Bull. In sostanza sacro e profano (Chiedo scusa all'Amedeo, forse profano è un po' esagerato). La seconda città della repubblica austriaca nasconde molte altre piccole perle disseminate sul suo piccolo territorio, fra questi anche un numero incredibilmente alto di cibo zozzo da assaggiare. Io ero li ad aspettare al varco.
In realtà, come molti già sospettano, l'argomento principale della storia non è certo il cibo salisburghese bensì il processo finale tramite cui esso viene espulso. La perla più nascosta della città del sale sono i suoi gabinetti. Il mio primo incontro con uno di loro mi ha lasciato sbalordito.
La particolarità che rende unici i water di Mozart sta nel fatto che il buco per lo scarico è posizionato molto in avanti nella tazza e non nel centro come tutti gli altri gabinetti. L'effetto di questa ingegneria è che si crea un piano dove tutte le espulsioni si depositano in attesa del potentissimo sciacquone che le porterà nelle fognature. Questo effetto permette, alle teste di cazzo come me, di poter analizzare il prodotto appena sfornato ed è incredibile quante cose si possono scoprire (e qui magari risparmio i dettagli).
Ma l'esperienza mistica-esoterica la vivo nel bagni del microscopico aeroporto della città: nel mio ultimo giorno di permanenza sono ormai abituato ai cessi rovesciati ma aimè sono anche parecchio in ritardo per prendere il mio volo, cosi dopo essere entrato nel bagno, sbrigo le mie necessità in tutta fretta e mi rendo conto che è l'ultima volta che posso vivere l'esperienza del water di Mozart, quando ecco la crisi mistica. Una donna mi parla. Una donna, da dentro il mio cubicolo del bagno, si rivolge proprio a me, Acciaio, in perfetto inglese avvertendomi che stanno imbarcando il volo per Berlino. Dopo lo stupore iniziale, ho pensato a qualche fumo allucinogeno emanato direttamente dal water, oppure ad una sorta di gratitudine da parte di qualche divinità dell'apparato digerente che finalmente si è accorta di me e per una volta tanto mi vuole dare una mano al posto di divertirsi con le mie budella come al solito, fattostà che ringrazio la donna e mi precipito verso l'imbarco.
Sono quando esco dalla porticina del cubicolo scorgo un piccolo altoparlante collocato proprio sopra il cassone del gabinetto. Un po' inquietato, ma anche deluso, a passo svelto riesco a prendere il mio aereo. Anche questa volta è fatta. AEIOU. Acciaio Est Imperare Orbi Universo.




lunedì 10 febbraio 2014

Tecnologia, intuito, evoluzione

Questa settimana si pubblica la sincera e soddisfatta testimonianza di colui che verrà soprannominato Il Maggiordomo, lui sa perchè. Aficionado della prima ora, il Maggiordomo è fiero di poter condividere la sua esperienza con i bagni pubblici. A lui è andata bene, segno che Pubblico Stimolo può avere anche una funzione didattica.
A parte la mia irritante autoreferenzialità, ecco come sono andati i fatti: il nostro eroe si trova alla guida della sua macchina in compagnia della sua bella. Lo scenario, purtroppo per loro, non è da film, sono infatti su una delle tante lente, brutte e tristi strade provinciali della pianura padana. Attenzione perchè questo non è dettaglio da poco dato che la lentezza di tali strade provoca nel maggiordomo uno di quei tipici sudorini freddi che quando ti colpisce mentre sei in auto sai già che sei spacciato. Nei minuti seguenti alla presa di coscienza del pericolo, il nostro eroe (come tutti) tenta stoicamente di resistere allo stimolone che dallo stomaco è sceso nell'intestino, ma tutto è inutile. A questo punto però, il Maggiordomo tiene la testa lucida e non si fa prendere dal panico, con un po' di cervello elabora un malefico piano che unisce tecnologia, intuito e una certa dove di atletismo. La prima fase del malvagio piano d'azione è quella di impostare il navigatore dell'auto verso il più vicino centro commerciale in zona, ottima idea. Con la resistenza di un maratoneta all'ultimo chilometro, il Maggiordomo entra nel parcheggio del centro commerciale ormai cianotico e pallido in volto e siccome il suo animo è incrollabile ancora più che il suo fisico, non si abbatte davanti all'ennesimo ostacolo: il parcheggio è a pagamento dopo 15 minuti di sosta. L'atleta del sanitario accetta la sfida, scende dalla macchina è corre come solo un pinguino saprebbe fare (per le gambe strette non per il soprannome). Ebbene, signore e signori, un uomo distrutto dal suo bolo alimentare, riesce anche nell'ultimo sprint e si gode l'evacuazione più soddisfacente di sempre.
La leggenda narra che una volta uscito dal bagno, tutto il centro commerciale si sia fermato ad applaudire il vincitore della giornata che, tacito e modesto, si dirige verso la sua macchina per completare la sfida, egli torna in auto ed esce dal parcheggio entro i fatidici 15 minuti. Tripudio.
Il Maggiordomo ci insegna che tenere la testa lucida nei momenti cruciali, può portare a soluzioni brillanti, migliori e soprattutto un po' più igieniche. A me, per esempio, sarebbe venuto in mente di fermarmi sul ciglio della strada senza alcun ritegno. Evolution is the way.


lunedì 3 febbraio 2014

Di necessità virtù

Questa settimana si pubblica un'accorata lettera non firmata, ma qualcosa mi dice che l'appassionato autore è colui che molte e molte storie fa, fu chiamato Ghisa. La storia è Grotesque (che potete trovare qui) ed è una delle più zozze di tutto il blog. Questo preambobolo è necessario per mettere in guardia l'ignaro lettore che si accinge a leggere la seguente e quindi avvisare che i suoi contenuti non sono certo sulla matematica quantistica.

Caro Acciaio, ti scrivo perchè , prima di essere un tuo affezionato lettore, sono anche uno dei tuoi più grandi critici.
Ho notato che ultimamente stai cacando solo nei musei e in posti convenzionali/igienici.
Non ti preoccupare, ci penso io. A sto giro ti racconterò di quella volta che un nostro comune amico, riuscì in una delle imprese più ardue mai affrontate dall'uomo: fare di un tavolino un comodo cesso.
Aprica 2010, faceva freddo, molto freddo ed in quella casa si era in tanti (casa da sei persone max. contenente tredici organismi pluricellulari che ancora non sono stati catalogati in nessuna specie), tra questi tredici spiccava lui, che per convenzione e stazza chiameremo Piombo.
Al secondo giorno di convivenza accadde la tragedia: il water si otturò e per giunta tale piaga ci colpì di Domenica.
La soluzione per dodici tredicesimi dei presenti si presentò presto ovvia: prendere la via del bar sotto casa, ordinare un Braulio* e andare in bagno. Per Piombo invece la faccenda si presentava molto più seria, decise quindi di non piegarsi alla massa ed arrangiarsi da solo anche perchè il suo ragionamento non faceva una piega: "Perchè pagar tre euro di Braulio per cagare?". Quindi, prima ancora che a gli sceneggiatori di Paint your life venisse in mente il programma stesso, il nostro eroe prese il più bel tavolino a misura di chiappa presente nella casa, ne tolse il piano di appoggio e legò ai due lati paralleli della struttura rimasta un sacchetto. Una volta portato in bagno il marchingegno infernale, ci scaricò con tutta la rabbia accumulata in quelle dure ore circa 72 kg di prodotto fecale conosciuto anche con il nome di “merda”.
Purtroppo per tutti, la struttura non prevedeva uno sciacquone e quindi l'ottimo Luca Sardella della bassa Brianza slegò il sacchetto , lo chiuse ed uscì dal bagno con il tremendo fardello in mano, non senza creare un certo sgomento da parte delle signorine presenti.
Piombo, gonfio d'orgoglio, fece le tre rampe di scale impugnando il “Figlio dell'arguzia" che fece sparire nel primo cassonetto che trovò (probabilmente ha buttato la merda nella campana del vetro).

* Braulio: magnifico, ottimo, meraviglioso liquore amaro a base di erbe alpine acquistabile in qualsiasi esercizio lombardo. Paragonabile all'ambrosia.



lunedì 20 gennaio 2014

Spocchia nella preistoria

Una volta tanto Acciaio non è il protagonista dell'usuale disavventura, infatti la seguente è stata inviata da un giovane sfortunato che però giura essere questo l'unico inconveniente con i bagni pubblici che lui ricordi. Io so bene che questa è una falsità ma comunque bisogna apprezzare il gesto.
Questo giovane virgulto verrà chiamato Alessandro, in onore del ragazzino conduttore di Bim Bim Bam un tempo stella splendente del firmamento televisivo italiano, ora caduto in disgrazia e costretto a vivere in una roulotte. L'adolescenza del nostro protagonista ha avuto una simile parabola discendente, figlio dell'elite lombarda, diventato punkkabbestia subito dopo aver scoperto gli effetti della cannabis. Ma torniamo a noi.
Per raccontare questa storia bisogna tornare indietro all'epoca in cui Alessandro non era ancora corrotto dal THC, immaginatevi quindi un fastidioso e caccoloso bambino stampato sulle confezioni Kinder. Ebbene il nostro ragazzino spocchioso va tutto bello allegro in gita con l'oratorio, destinazione Parco della preistoria! Wow! Tale parco non altro che un malevolo prato dove della gente ha piazzato una quantità immensa di paglia, talvolta in forma di balle, talvolta in forma di capanne. Il tutto arredato con dei manichini vestiti con gilet...di paglia ovviamente. Nonostante la pessima ricostruzione, i mocciosi sono rapiti, si sentono nella preistoria e godono di ciò, Alessandro non fa eccezione e si diverte a vedere gli “uomini” delle grotte impegnati nella varie attività nella loro capanna.
Tutto fila liscio, fila talmente liscio che il ragazzino deve andare in bagno ma non ci fa caso, può trattenere perchè vuole continuare il tour tra la paglia. Purtroppo per lui, arriva un momento in cui non può più trattenersi, Alessandro scappa in un bagno che però non trova, con in corpo una palla di cannone pronta a scoppiare, si mette alla ricerca di una toilette. Finalmente la trova e la miccia del cannone è quasi finita, prende la prima porta aperta che trova ed entra vedendo davanti a sé l'orrida figura di una turca, ma è troppo tardi per tornare indietro, giù i pantaloni e il cannone spara. Alessandro è libero.
Ora, l'attento lettore si accorgerà che questa storia termina con un lieto fine, il punto però è che la storia continua nonostante l'eliminazione del problema. Si perchè Alessandro nella foga del momento si è dimenticato di controllare la cosa più importante di tutte, LA CARTA. Eggià mio giovane prugnoso dal colletto inamidato, non hai la carta per pulirti! Il ragazzo si accorge quasi subito del problema, inchinato in quella stupida posizione costretta dalla turca. In tasca nessun fazzoletto, non un foglio, niente. La decisione che lo sventurato prende lo segnerà per il resto della vita: apre infatti la porta del bagno quel tanto che basta per farci passare la sua piccola mano corrotta, con la voce stridula richiama l'attenzione di una mamma che sta accompagnando suo figlio, la donna terrorizzata porge un fazzoletto ad Alessandro che lo usa minuziosamente per salvare più superficie di carta possibile.

La pulizia non è perfetta ma a quel punto il ragazzino non può fare altro che uscire dal bagno e riaggregarsi ai suoi compagni facendo finta di nulla. Gli amichetti non si sono mai spiegati come mai Alessandro passò il resto della giornata triste e taciturno e forse anche questo episodio della sua vita ha aperto la strada verso il randagismo. Non è da escludere che anche il protagonista di questa storia passi il resto della propria vita in una roulette proprio come l'ex bambino prodigio di Bim bum bam.


lunedì 13 gennaio 2014

Tragedie annunciate (e poco cristiane)

Nella storia recentissima ci sono state grande tragedie ampiamente annunciate prima che queste accadessero, è il caso della strage di Lampedusa, del terremoto dell'Aquila, della ThyssenKrupp e via dicendo. Senza peccare di presunzione e di megalomania (ma neanche proprio un po') sono convinto che valga lo stesso principio per quanto riguarda le mie festività natalizie. Una tragedia annunciata ed altamente prevedibile.
Tralasciando gli episodi minori che hanno caratterizzato queste mie due settimane di gozzoviglio (che possono essere interpretate come le scosse preparatorie e di assestamento), il momento culminante, quello del disastro, avviene la serata del 24 Dicembre, proprio mentre il bambinello si appresta a nascere. Ma andiamo con ordine.
Co-protagonista di questa storia è l'infaticabile Acciaia che, temeraria, ha raggiunto Berlino per le feste, ancora una volta si calerà nel ruolo di “Quella che aspetta”. Quel pomeriggio della vigilia stiamo ancora discutendo su come passare la serata, la natività è un evento importante, ma purtroppo non riusciamo a raccapezzarci su nulla e cosi, giunta l'ora di cena inoltrata decidiamo che non possiamo mangiare nulla in casa data la scarsità delle provviste. Scendiamo nelle strade berlinesi a cercare un frugale ristorante che ci sfami e che ci riscaldi e dopo una buona ora passata al freddo, troviamo proprio il posto che cercavamo: alla mano, economico e allegro. Non esitiamo ad entrare ed ordinare un piattone di portata bello sostanzioso senza risparmiarci dei nachos come antipasto. Questo si rivelerà il primo errore della serata. Dopo pochi minuti infatti ci viene servita un'enorme terrina piena di nachos caldissimi colati in mille tipi di formaggio diversi con tanto di guacamole a parte, buonissimi ma pesantissimi. Li finiamo a stento, boccheggiamo e quando arrivano le portate principali siamo quasi dispiaciuti.
A questo punto si verifica un fatto che evidenzia la mia maturità e come io abbia fatto tesoro delle mie esperienze e dei miei errori: Acciaia dopo due forchettate si fa impacchettare il tutto per poter mangiare la pietanza il giorno seguente e io..... Io, all'urlo di “ho pagato, è sotto il mio naso, devo mangiarlo per forza echeccazzo”, mi avvento sul piatto e lentamente lo finisco.
I minuti seguenti sono la caduta dell'eroe, ad un certo punto divento cianotico e con la massima flemma annuncio che “vado un attimo in bagno”. Dentro quello stanzino ci sto un'eternità, non so quante ombre avrò visto entrare nell'antibagno per poi uscirsene immediatamente (per la porta chiusa a chiave o per l'odore? Chi lo sa.). Quando finalmente esco è chiaro anche ad Acciaia che dobbiamo andarcene il prima possibile, paghiamo ed usciamo all'aria aperta, altro errore. E' quasi la mezzanotte e Gesù bambino aveva altro a cui pensare evidentemente, e allora io per dispetto abbraccio la religione islamica. Non perchè abbia avuto una folgorazione ma perchè è una scelta di comodo: sono costretto ad entrare dentro un kebabbaro (gli unici aperti) ogni 200 metri e chiedere disperatamente un bagno, per giunta usando il mio stentato anglo-tedesco, ma i baffoni capiscono le mie difficoltà e mi indicano la strada che in quel momento è come la via per Damasco.

Verso l'una di notte siamo a casa, Acciaia con il suo bel pacchettino e io con chili in meno e i muscoli ventrali molto affaticati. Per quest'anno è andata cosi ma l'anno prossimo l'appuntamento con la natività non sarà certo mancato.....o forse sarà il tempo di una nuova tragedia annunciata.