lunedì 16 giugno 2014

Le care abitudini di una volta

Torna, dopo tempo immemore, una di quelle care e vecchie storie di una volta in cui il buon Acciaio si copre schifosamente di vergogna. Il motivo dell'ultimo capitolo di questo disagio rientra nella casistica classica delle detonazioni basso-ventrali: la grigliata.
Dopo oltre 7 mesi che sono a digiuno di questa pratica a me tanto cara, finalmente si presenta l'occasione per poter partecipare ad una di esse; Felice come un bambino, vado in uno dei tanti laghetti che costellano la periferia berlinese. La situazione è quella di sempre: carnazza a profusione, qualche verdurina buttata li giusto per darsi l'illusione che si è in grado di variare, aggiunti a vari malefici intrugli alcolici.
La giornata passa allegra e il miracolo della digestione compie, come sempre, il suo dovere trasformando i sopracitati nel mezzo che spesso riempie le giornate di tutti. Felice, mi avvio verso casa. Ora, solitamente quando cito il mezzo pubblico, lo faccio perchè è lì che il disastro puntualmente si compie. Invece no, va anche peggio, perchè io, l'ultimo tram per casa riesco anche a perderlo. Poco male, devo camminare si e no per un chilometro, l'ho fatto un sacco di volte. Mi avvio lesto verso casa non curante di una serie di elementi: 1- ho le scarpe fradice causa bagno nel lago, passeggiare non è certo agevole. 2- Sono vestito leggerissimo, magliettina e pantaloncini (per altro bagnati anch'essi). 3 – IL VENTICELLO, inesorabile, freddo e costante che si insidia sottopelle e causa catastrofi. 
E catastrofe fu.
Dopo aver percorso circa la metà del percorso sento lei, la Fitta, improvvisa e dolorosa che non mi dà il tempo di riflettere, di fare nulla. Solo di tenere duro. Passi stretti e testa bassa percorro altri 200 metri ma mi è presto chiaro che non riuscirò ad arrivare in casa, comincio a guardarmi intorno e a studiare la situazione. L'unica soluzione è fornita dalla striscia di siepi che separa il marciapiede dal parco alla sua destra, dall'altra parte soltanto il lungo viale.
Disperato recupero i fazzoletti dallo zaino (non mancano mai) e mi fiondo nella siepe nella tipica posizione del marine che sta per catturare un terrorista. Una volta che sono nell'antro mi rendo conto di una serie di cose: non solo il portone di casa sarà a 300 metri da me, ma anche che il parco non è un parco bensì un cimitero (rispetto prima di tutto). La cosa più grave però, che non ho calcolato causa panico e sudori freddi, è che mi sono infilato nel punto più sbagliato di tutto il viale, cioè all'altezza di un semaforo. Come cerco ti ottenere la giusta concentrazione ci sono cinque o sei macchine ferme proprio al mio lato, pregando che i fari non arrivino fino a me aspetto che scatti il verde. Quando, dopo circa 7/8 ore, scatta il benedetto verde posso finalmente concentrarmi: vista l'emergenza sbrigo la pratica in tempo record. Fiero di me, faccio per lasciare il mio cubicolo ma subito mi accorgo che il semaforo è di nuovo rosso che neanche i T-red di Carugate. Nuove auto, nuova attesa. Per concludere in bellezza, quando finalmente salto fuori dal cespuglio non mi accorgo che lo faccio davanti a tre passanti che, prima sorpresi, mi guardano esterefatti. Io, sguardo vacuo, li passo e sento le loro risate che confermano ancora una volta come il temibile bolo post-grigliata crei una delle situazioni più ingestibili.

Purtroppo questa volta la gloria non è arrivata, ma un altro tassello per forgiare l'anima si. Alla prossima grigliata più verdure.


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