Dopo questo lungo silenzio mi sento
quasi in obbligo di raccontare la continua sventura che,
manconemmenoapensarlo, non accenna a smetterla di abbattersi su di me
e sui miei organi interni. La notizia è che Acciaio è ancora a
Berlino e che sta ancora cercando una casa dove vivere sereno ed in
tranquillità in un rifugio che protegga dal logorio della Big City.
Va da sé che niente casa propria, niente bagno proprio.
Proprio questa sensazione di privazione
del proprio personale regno, unito alla mia continua ricerca di una
camera dove stare, crea situazioni spesso al limite dell'assurdo.
La mia giornata tipo consiste nello
svegliarmi, fare un programma della giornata e cominciare a girare
l'intera città bussando alle porte dei vari affittuari che cercano
un coinquilino. Pratica già difficile e stressante di per sé,
un'assolata giornata di fine settembre si dipinge con i colori del
dramma. Tosto mi accingo a mostrare gli eventi: dopo aver svolto
delle commissioni, vedo occupata la tarda mattinata in un piccolo
appartamento in zona piuttosto periferica e molto residenziale, ergo:
presenza di bar o luoghi pubblici nelle vicinanze quasi nulla. Sembra
un dettaglio di contorno ma in seguito risulterà determinante.
Uscendo dalla fermata della
metropolitana, mi metto alla ricerca della porta a cui dovrò
bussare, ricordo chiaro e tondo un pensiero che mi attraversa la
testa “oibò, il caffè della colazione sta avendo i suoi effetti,
fra poco dovrò esercitare delle funzioni escretorie”. Parola per
parola. Come se non conoscessi il funzionamento delle mie interiora,
come non sapessi il pericolo mortale. Tant'è che, leggiadro come la
rugiada una mattina primaverile, entro nella palazzina dove trovo una
distinta signora asiatica di mezz'età che subito si prodiga in
gentilezze ma soprattutto raccomandazioni. La donnina infatti
(bisogna immaginarsi la gentile ma severa madre di qualsiasi manga),
mi mostra il piccolo ma curatissimo appartamento e precisamente che
lei è una persona molto pulita e vorrebbe qualcuno con uguali
caratteristiche. Io, dal canto mio, provo a parlare, a mentire e
provare a piacerle ma alla seconda sillaba mi risveglio come da uno
stato di trans, come se non lo sapessi, mi viene alla mente che,
tanto per cambiare, devo spregevolmente peccare nel primo bagno
disponibile.
Ma il fato come al solito si diverte
alle mie spalle e proprio mentre sto elaborando questo pensiero, la
mamma manga pronuncia questa frase: “In casa si condivide tutto ma
ci sono cose che l'attuale ragazzo usa di più, ad esempio usa tanta
carta igienica e per questo se la compra lui”. Io a queste parole
sbianco ancora più di quello che già non sono e accenno un
sorrisino più falso dei fiori che ci sono all'ingresso e bofonchio
cose tipo: “ah-ah-ah anche io ne uso”. Sento il bisogno di
fuggire ma i muscoli sono sotto sforzo nella zona basso ventrale, mi
congedo rapidamente e a passini molto brevi mi avvio verso
l'ascensore per uscire da quel posto e trovare un posto intimo dove
io possa ritornare alla vita di sempre. E' la stessa storia che si
ripete mille volte sotto diverse maschere, i tremendi attimi che
passano sono infiniti e l'agitazione e la concentrazione che occupano
zone diverse del mio corpo mi impediscono di capire che l'ascensore è
fuori servizio e io sto schiacciando da due minuti un tasto per
richiamare il nulla. A passini sempre più corti l'un dopo l'altro mi
avvio verso le scale dove, a questo punto, ogni sobbalzo e ogni
vibrazione potrebbero essere fatali per gli sfinteri. Dopo aver sceso
la prima rampa di scale mi fermo a ragionare in mezzo al pianerottolo
dato che la discesa è costata fatiche e pericoli immani e
all'esterno non ho scorto nessun luogo pubblico dotato di toilette. I
petali delle scelte che ho a disposizione vengono drasticamente
ridotti, l'opzione giardino è assolutamente scartabile visto che è
pieno giorno e le mille finestre delle palazzine presenti nella zona
nascondono sicuramente degli occhi indiscreti. Tra le mani mi rimane
un solo petalo, quello più piccolo, sporco e umiliante. Facendo uno
sforzo disperato risalgo le scale, vado verso la porta della mamma e
suono il campanello. Lei riapre guardandomi incuriosita e io, che a
quel punto non so più parlare in italiano figuriamoci in tedesco, le
faccio capire non so come che ho bisogno del bagno, quello del
io-sono-super-pulita-non-divido-la-cartigenica-brutti-sudicioni, in
un secondo mi ci fiondo e mi libero dell'ultimo residuo del mi
venerdi sera, purtroppo il bagno ci metterà molto di più ad
eliminare i segni del mio passaggio. Cerco di usare meno carta
possibile, di usare con parsimonia il lavandino e di asciugarmi le
mani sui pantaloni, a quel punto esco dal bagno più costernato che
mai chiedendo mille volte scusa alla mamma che quel punto si era
messa a vedere amabilmente la tv. Lei, con un sorriso che sembrava
vero, mi dice che non c'è nessun problema e mi riaccompagna alla
porta. Io esco e fuggo lontanissimo.
Per tutto il giorno ho pensato alle
possibili reazioni della mamma appena dopo avermi salutato,
sicuramente si è lanciata subito dentro il bagno per controllare lo
stato generale delle cose, lì (facendo una faccia tipica manga con
la vena disegnata sulla fronte) si sarà accorta dell'orrenda aria
impestata, dello stato del water, della finestra semiaperta e
dell'asciugamano che io, mendace nel midollo, ho affermato di non
aver toccato ma che inspiegabilmente era bagnato. Ma a quel punto io
ero già in altri lidi, al sicuro.
Per la cronaca la casa era molto carina
e ben curata, un ottimo luogo dove poter riposare le proprie membra
dopo una dura giornata produttiva. Purtroppo, per qualche motivo che
ancora non riesco a cogliere, sto ancora aspettando la risposta della
cordialissima che dopo un mese ancora non mi richiama. Forse ha perso
il mio numero, forse è deceduta, chissà...
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