Pubblico Stimolo augura un buon Natale, consapevole del fatto che è uno dei momenti dell'anno più pregni di significato, in tutti i sensi. In secondo luogo, giusto un anno fa (più o meno) veniva varato questo blog con una bottiglia di Dom Perignon, un grazie a chi segue nonostante la puzza!
Madre natura mi ha fornito di un apparato digerente farlocco. La selezione naturale mi ha costretto ad adattarmi ad ogni tipo di ambiente. Mi batto per il bagno pubblico aggratis. Episodi clamorosi e consigli per altri sventurati come me.
martedì 24 dicembre 2013
lunedì 16 dicembre 2013
Topografia del terrore
La seguente è breve ma significativa.
Mi spiego: avendo la possibilità di visitare innumerevoli musei, un
pomeriggio come un altro decido che vado a vedere il museo che
ripercorre le tappe più significative dei vari organi del fu partito
Nazionalsocialista tedesco, conosciuto anche con il buffo nomignolo di
partito NAZISTA.
Tale museo è situato in centro città,
dove la tentazione verso il cibo spazzatura è più che mai
stimolata, baracchini e negozi di ogni genere e nazionalità attirano
la mia famelica attenzione ad ogni angolo. Non passano dieci minuti
di camminata che decido di concedermi un grassissimo ROSTBRATWURST
(da pronunciare rigorosamente con tutta la rabbia che si ha in
corpo), tali leccornie, che per chi non lo sapesse sono il tipico spuntino
prussiano, wurstelazzi grigliati e immersi nella senape serviti in
panini grandi la metà del wurstel stesso. Quasi a prenderti per il
culo.
Io in realtà di tutte queste
elucubrazioni me ne interesso poco e aggredisco il mio spuntino con
la consueta voracità, dopodichè mi dirigo tosto verso il mio museo
che oltre a essere molto vasto, è anche aggratis quindi piuttosto
affollato. L'afflusso di gente non è certo un problema per
l'inflessibile ordine teutonico, infatti mi immetto nella fila di
persone che si accingono a vedere l'esibizione senza troppi problemi.
Cosi è che i minuti passano mentre prendo visione delle nefandezze
commesse da quei simpaticoni delle SA, delle SS e dalle varie
polizie anche se in tutto questo tempo immerso nella storia non mi rendo
conto che il bratwurst (e con lui chissà quale altra accozzaglia di
roba) riesce a percorre tutto l'apparato digerente ed arrivare fino
all'uscita del tunnel. Sono costretto ad abbandona la fila ordinata.
Sulle prime non mi scompongo più di
tanto dato che sò con certezza che una delle cose migliore dei musei
sono i bagni (vedi storia londinese). Non ho torto, la sala della
toilette è intonsa ma soprattutto deserta, questo significa che
posso comodamente sedermi senza preoccuparmi di intrusioni o rumori
molesti.
Mentre concludo il ciclo vitale del
bratwurst però (è questo è il senso della storia dopo l'infinito
preambolo), mi rendo conto dell'alto valore simbolico della mia azione:
essendo in un museo che ricorda cosi tante nefandezze storiche, il mio
gesto è del tutto consono allo scenario in cui sono immerso, è un
po' come firmare il libro degli ospiti alla fine della mostra. E poi
il nome del museo: Topografia del terrore, se i precisissimi tedeschi
hanno svolto il loro certosino lavoro come al solito, sono sicuro che
non avranno mancato di aggiungere una nuova e recentissima tappa alla
loro esibizione, laggiù, nel piano interrato che porta al bagno.
lunedì 9 dicembre 2013
La prima impressione è quella che conta
Ho iniziato un corso. A Berlino. Venti
persone da tutto il mondo. Al giorno 2 quasi tutti sospettavano del
mio problema. Bene. Ottimo. Fantastico.
Non lo sò da quale maledizione sono
affetto, davvero. Fattostà che l'aula dove tale corso si svolge è
in un'ala di un edificio dove, oltre alla nostra stanza, si può
trovare soltanto un bagno (già questa particolarità avrebbe dovuto farmi
riflettere). Il primo giorno del corso tutto è andato liscio,
strette di mani, presentazioni e tutte quelle cose tipiche del primo
giorno di scuola. Il secondo però.....
Il giorno successivo capita quello che
già ho descritto mille post fa, una cosa che non succedeva dalle
superiori; Per la massima “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto
si trasforma”, la suddetta sfiga si presenta a distanza di anni in
una veste tutta nuova.
Non passano neanche dieci minuti
dall'inizio della lezione che il richiamo arriva. Senza avvisaglie né
comunicati, all'improvviso devo correre in bagno (tuttora non riesco
a spiegarmi questo fenomeno dato che nei giorni e nelle ore
precedenti non avevo certo strafatto con cibi e bevande). Nel silenzio generale, mi alzo più leggero di un ninja cercando di dare nell'occhio il meno possibile, naturalmente mi notano tutti quanti. Raggiungo il bagno
che per mia gioia (gioia illusoria e temporanea) è prossimo
all'aula. Una volta in seduta scopro con sommo orrore che tra carta e
prodotto finale si è intasato il teutonico water. Seguono terribili
minuti in cui un sudatissimo Acciaio usa lo sciacquone più e più
volte nel tentativo di cancellare ogni traccia del peccato appena
commesso e finalmente, quando l'obiettivo è completato, mi
ricompongo e torno in aula. Tutto normale, forse ho evitato una
figura di merda a livello globale. Ma visto che in questo blog i
finali a lieto fine sono merce rara, la disfatta si consuma un'ora
dopo durante la pausa quando un ragazzo spagnolo si avvicina a me e chiede se sto bene, ohi ohi.... Certo, perchè mi spiega che, grazie
alla beffarda vicinanza del bagno con la nostra stanza e relativo muro in
comune, il rumore dello scarico che andava come una motosega lo hanno
sentito anche loro! Ero io che facevo quel rumore? Non riesco a
mentire, ammetto candidamente che ero proprio io quello in bagno ma,
vigliacco fino all'ultimo, la colpa la dò a queste inefficienti
tubazioni di sicura fattura sovietica e blablabla. Riesco a
deragliare il discorso sui pregi e difetti del patto di Varsavia ma a
distanza di settimane i miei cari compagni continuano a ricordarmi
l'episodio evidente non troppo convinti dalla mia spiegazione. Insomma, benvenuto in Germania!P.s: mettere un like alla pagina Facebook di Pubblico Stimolo vi avvicinerà al paradiso! La trovate qui.
martedì 5 novembre 2013
Work in progress
Si lo so, anche questa settimana ho jumpato allegramente. Questa volta c'è un motivo serio, Pubblico Stimolo sta traslocando e presto ci saranno novità.
Baci baci a tutti
Acciaio
Baci baci a tutti
Acciaio
lunedì 28 ottobre 2013
Il gran rifiuto
Questa settimana mi copro di vergogna.
Confesso al web tutto che ho rinunciato. Giuro, non ce l'ho fatta,
siamo andati oltre. La linea rossa tanto sbandierata da Obama non
riguarda le armi chimiche in Siria bensì lo stato di igiene,
manutenzione e pulizia di una stazione della metropolitana milanese,
forse la peggiore per chi deve andare in bagno: Duomo.
Alla fine di uno dei miei ultimi giorni
di lavoro decido di concedermi un aperitivo per le vie centrali di
Milano, gli spritz e i Negroni sbagliati fanno da lubrificante al
cibo da bancone di cui il locale è ben fornito. Nulla di tragico ed
esagerato per la verità.
Qualche ora (e qualche birra) dopo, io e la compagna da aperitivo, decidiamo di prendere la strada verso casa, quindi verso la
metropolitana, che come tutti sanno durante una qualsiasi sera in
settimana è un perfetto esempio di efficienza e puntualità (se, sto
cazzo!). Ora, di solito scrivo che durante il tragitto succedono
delle cose molto brutte nelle mie interiora, stavolta non è cosi.
Non succede proprio nulla, solo un lieve e naturale stimolo
facilmente trattenibile dai miei sfinteri probabilmente felici di
dover gestire un cosi lieve periglio (un defcon 4 direi...). Dentro
la stazione però, ammetto, vengo preso da curiosità e comunque
spinto da quel lieve stimolo mi metto alla ricerca del bagno della
stazione (non sono mai abbastanza le volte per ricordare che ogni
stazione ha il suo bagno). Dopo pochi secondi il classico cartello
con la donnina e l'omino entrano nel mio campo visivo ed io entro in
quella piccola zona in cui ci sono due porte di lucido acciaio
separate da una gettoniera. La prima cosa che mi è venuta in mente
solo le cabine suicidio di Futurama.
Ancor più incuriosito decido di
frugarmi dei 20 centesimi richiesti (o forse me li faccio prestare
chi può dirlo?) per accedere alle cabine suicidio. Emozionato come
un bambino quando cerca di capire qual è la sorpresa dell'ovetto
Kinder, inserisco la monetina e pigio il tasto con l'omino
stilizzato. Subito si apre la porta della cabina alla mia sinistra,
contemporaneamente sento un rumore di sciacquone provenire dalla
cabina di destra, significa che c'è una Lei coraggiosa! Ancor più
contento entro nella cabina suicidio e lo scenario che mi si para
davanti mi fa perdere il sorriso. Innanzitutto l'odore, cosi acre che
mi brucia i peli del naso. L'aria è gialla e marrona. Poi le pareti,
proprio come le immaginavo: tutte di acciaio lucido che deformano
orrendamente la tua figura riflessa, cosi com'è d'acciaio lo stesso water che
purtroppo è ricoperto di vario materiale tra cui carta di giornale
che è presente anche nell'allagato pavimento in gomma. Nella parete
opposta al water ci sono due fessure, una grande e una piccola, sopra
due scritte in font post-fascista che dicono SAPONE e LAVAMANI.
Nessuna traccia delle motoseghe e dei coltelli tipici della cabina
suicidio.
Inorridito da tutto ciò, decido che qui
dentro posso solo fare la pipì ma nel mentre dell'atto sento strani rumori elettronici,
forse mi sono sbagliato, adesso escono le armi... Invece no, capisco che il tempo a mia disposizione sta
scadendo e io terrorizzato tento di uscire dal quel lurido postaccio,
scorgo un tasto vicino alla porta ricoperto di sporco che spingo con
la nocca del mignolo e la porta mi permette di uscire, inalo con
gioia l'aria viziata di sottosuolo.
Come dicevo, questa volta proprio non
ce l'ho fatta. Forse diventerò come papa Celestino V, anche lui
resosi protagonista di un altro celebre rifiuto. Chissà, forse anche
in Vaticano avevano le cabine suicidio.
lunedì 21 ottobre 2013
Problemi ordinari (per una volta)
Questo post è scritto quasi in diretta, come fosse una breaking news, il motivo? Seco lo introduco.
Qui non ci sono posti strani e nemmeno sostanze gaglioffe e traditrici, bensì un certo tipo di situazione che sono abbastanza sicuro sia condizione non certo rara per i più.
Sono accomodato sul mio water preferito, ovviamente quello di casa mia (come dice Pino "bavetta" Daniele: ogni scarrafone...) ad evacuare gli ultimi residui dell'ennesimo weekend che doveva essere morigerato però sai com'è, aperitivo, questa la pago io, ma no lascia, allora il giro dopo lo mando io, etc...e all'improvviso ti ritrovi all'alba con il soffitto che gira tutto, ma sto divagando. Torniamo il mio water. Finito il lavoro di fino allungo il braccio in cerca della carta igenica che (dai, a chi non è capitato?) irrimediabilemente non c'è! Non mi scompongo, ma con un certo disappunto faccio un fastidioso sforzo con le gambe per arrivare all'armadietto dove ci sono i rinforzi doppio velo, o meglio, dove avrebbero dovuto esserci! Il disappunto cresce.....
Problem solving: sei seduto, senza carta e solo in casa, come ti comporti? La risposta è semplice: nell'unica maniera possibile. Precisato che il bidet è per le schiappe, gli arrivisti e figli di papà nati nella bambagia con cucchiai d'oro e zuppa di tartaruga, a grandi balzi ci si deve avviare verso lo sgabuzzino dove sta la grande confezione di carta, rapidi come un ladro si prende un rotolo ed in un secondo si ritorna verso il water facendo finta che nulla sia successo, mentendo in primis a sè stessi. Poi va da sè che mezzo rotolo andrà via per fare un lavoro certosino ma la soddisfazione non è bene materiale, dico bene? Pensa, o caro lettore, quella volta che hai dovuto farlo tu questo lavoraccio, alla fine non è stato appagante? Happiness real only when shared.
P.s: settimana scorsa non è stato pubblicato post alcuno senza neanche mezzo avviso. Me ne scuso. Cambieranno un pò di cosine qui. E poi, questa settimana per la prima volta i disegnatori di South Park non hanno consegnato la puntata in tempo, se lo fanno loro...
Qui non ci sono posti strani e nemmeno sostanze gaglioffe e traditrici, bensì un certo tipo di situazione che sono abbastanza sicuro sia condizione non certo rara per i più.
Sono accomodato sul mio water preferito, ovviamente quello di casa mia (come dice Pino "bavetta" Daniele: ogni scarrafone...) ad evacuare gli ultimi residui dell'ennesimo weekend che doveva essere morigerato però sai com'è, aperitivo, questa la pago io, ma no lascia, allora il giro dopo lo mando io, etc...e all'improvviso ti ritrovi all'alba con il soffitto che gira tutto, ma sto divagando. Torniamo il mio water. Finito il lavoro di fino allungo il braccio in cerca della carta igenica che (dai, a chi non è capitato?) irrimediabilemente non c'è! Non mi scompongo, ma con un certo disappunto faccio un fastidioso sforzo con le gambe per arrivare all'armadietto dove ci sono i rinforzi doppio velo, o meglio, dove avrebbero dovuto esserci! Il disappunto cresce.....
Problem solving: sei seduto, senza carta e solo in casa, come ti comporti? La risposta è semplice: nell'unica maniera possibile. Precisato che il bidet è per le schiappe, gli arrivisti e figli di papà nati nella bambagia con cucchiai d'oro e zuppa di tartaruga, a grandi balzi ci si deve avviare verso lo sgabuzzino dove sta la grande confezione di carta, rapidi come un ladro si prende un rotolo ed in un secondo si ritorna verso il water facendo finta che nulla sia successo, mentendo in primis a sè stessi. Poi va da sè che mezzo rotolo andrà via per fare un lavoro certosino ma la soddisfazione non è bene materiale, dico bene? Pensa, o caro lettore, quella volta che hai dovuto farlo tu questo lavoraccio, alla fine non è stato appagante? Happiness real only when shared.
P.s: settimana scorsa non è stato pubblicato post alcuno senza neanche mezzo avviso. Me ne scuso. Cambieranno un pò di cosine qui. E poi, questa settimana per la prima volta i disegnatori di South Park non hanno consegnato la puntata in tempo, se lo fanno loro...
mercoledì 9 ottobre 2013
Sfidare il Fato e avere la peggio
Si pubblica questa settimana la testimonianza di colui che si firma Testa di Quarzo (Diocisalvi). Le fastidiose parentesi in corsivo sono mie.
Capito per caso su questo blog
del grande amico Acciaio (Lo dice lui), che mi ha chiesto di raccontare le disavventure del
mio intestino. Sono un VIP molto noto da queste parti (Lo dice lui), e per questo motivo
userò un nome fittizio, che sarà Testa di Quarzo.
Ne ho molte di storie da
raccontare, ma quella che scelgo oggi è di quella volta che ho avuto il colera,
termine tecnico con cui mi è stata diagnosticata una banalissima dissenteria.
Bene, era il mese di luglio e, dopo un periodo relativamente stressante in cui
ogni (e dico ogni) weekend avevo lavoro da sbrigare, finalmente ho un fine
settimana libero. Così ho deciso di chiamare la mia amica Givlia (anche questo
un nome fittizio) e di fare un giro per la rassegna vintage più famosa della
zona (Il centro SNAI più vicino). Così parto con la mia autovettura verso casa di Givlia, e poi insieme
andiamo verso il luogo della famosa manifestazione. Non mi sento molto bene,
nel senso che sento un sommovimento continuo dovuto al fatto che probabilmente
dovevo fare la grossa da tutto il giorno ma non avevo trovato modo di
scaricarmi (non sono un amante della turca). Decidiamo di andare a bere un
caffè prima di raggiungere la compagnia di amici. Vado dritto dritto verso il
cesso dopo il combo caffè & sigaretta e sembra tornare tutto a posto. Mi
sbagliavo. Tantissimo. Appena giunti nella piazza della manifestazione sento
nella mia pancia delle fitte fortissime, tipo Alien che vuole uscire. A questo
punto comincio a farmi delle domande tipo: non è che sono un essere alieno e
dentro di me c’è qualcosa che si vuole riprodurre? Dov’è un bagno? Neanche il
tempo di raggiungere la toilette più vicina e comincio a sudare freddo, ma così
freddo che intorno a me cominciano a spuntare dei pinguini direttamente dal
Polo Sud. Non riesco neanche a recarmi verso il bagno più vicino e mi dirigo
velocemente verso un anfratto dove sbocco (voce del verbo vomitare) l’impossibile. Dopo una tappa
obbligatoria al cesso torno a casa, nell’ignavia generale.
Ragazzi, i seguenti sono stati i
giorni più brutti della mia vita. Sono anche andato all’ospedale per farmi
curare e, tra le risate generali (nonostante io stessi rantolando), mi è stata
diagnosticato un forte attacco di dissenteria. Pastiglie e antibiotici.
Morale della favola: esprimete
sempre il sentore del vostro intestino, e fidatevi di lui, altrimenti potrebbe
crescervi dentro un Alien. Come è successo a me. (Capito brutti infedeli?? Snobbate la turca e finirà male;, sottovalutate il pericolo della sigaretta+caffè e finirà male! Che questa storia serva da monito per tutti quelli che vogliono fare gli audaci - Ma no! Io la tengo! - Sarete oggetto di burle e derisioni da parte di tutti, proprio come è successo a: )
Testa di Quarzo
martedì 1 ottobre 2013
Una busta è per sempre
Questa settimana si pubblica la storia inviata da colui che si firma Mercurio:
Posso vantarmi
di conoscere il buon ACCIAIO da quando il pargoletto, ancora in fasce, posava le
basi per un futuro intestinale avventuroso e imprevedibile. Una stretta
parentela ci unisce ed ahime..non solo quella, motivo per cui userò uno
pseudonimo: MERCURIO sarà il mio nome, metallo allo stato liquido dalla forma
plasmabile che ben rappesenta il concetto di adattabilità, prerogativa del mio
IO intestinale.
Non starò a raccontare l’origine dei miei mali e le zone del mio
corpo interessate..anche se qui si potrebbe aprire una discussione dai
connotati inquietanti… ma ciò che più ha importanza è il responso del medico: “Caro Mercurio, qui dobbiamo intervenire in
modo aggressivo se vogliamo debellare la causa del malessere:…… 10 giorni
filati di antibiotici!!” Queste parole mi sono subito risuonate nella testa
come prodrome di un oscuro presagio.
Inesorabilmente il misfatto si presenta puntualmente il
quarto giorno di cura. Nel pomeriggio decido di fare una uscita dopo tre giorni di
reclusione forzati. Dove vado di bello? Ma in farmacia ovviamente…a prendere un
altro intruglio farmaceutico... Improvvisamente,
come un fulmine a ciel sereno, un
movimento deciso e inconfutabile colpisce il mio basso ventre. È chiaramente un
allarme “quasi” rosso! Insomma, riesco ad arrivare al mio turno, eseguo, esco e
mi dirigo verso casa.
E qui compio un gravissimo errore… un errore di
sottovalutazione del “quasi”, che non sarebbe mai dovuto capitare. Prima di
salire a casa decido di spostare la macchina, parcheggiata fuori, nel box
ubicato esattamente a 100 metri da casa.
In meno di due minuti giungo alla rimessa e mi appropinquo
ad entrare nel box. E qui succede qualcosa di assolutamente anomalo. Appena
scendo dalla macchina un movimento perentorio verso il basso affonda sui miei
sfinteri facendomi piegare e immobilizzare di colpo. Un sudore freddo mi
colpisce istantaneamente e comprendo chiaramente che quello che vorrei
trattenere ancora per 5 minuti non ha alcuna intenzione di aspettare. Salgo la rampa del garage eseguendo una
telefonata a casa per avvertire di tenere aperte tutte le porte dall’ingresso
al bagno perché la situazione stava assumendo i connotati del foto finish.
Confido di coprire celermente quei 100 metri che mi separano dalla tazza
promessa… ma non faccio nemmeno metà della rampa che realizzo… con discreto
panico e dissenso… che non raggiungerò mai l’obiettivo!!
Il mio cervello deve inventarsi qualcosa nel giro di ormai
pochi secondi… rientro nel box… mi guardo intorno freneticamente e…. mi si
accende la lampadina!! Apro il bagagliaio della macchina, ricettacolo delle più
svariate ed inutili cianfrusaglie… ED ECCOLA LI’!! una busta della spesa! E’ la
mia salvezza! La prendo e cercando di non fare più casino di quello che la
situazione poteva far presupporre (tipo non centrare la busta…) scarico
inesorabilmente la massa informe e putrida!! MISSIONE COMPIUTA! Non credo che
l’ingegnere capo, responsabile del raddrizzamento della Concordia, abbia potuto
provare per la sua missione emozioni intense come le mie!!!
Prendo il mio bel sacchetto della spesa, al quale ho restituito
sotto altra forma ciò che di solito è il suo contenuto originario, e mi accingo
ad uscire. Indifferente, tra un passante e l’altro mi dirigo repentinamente
verso un cassonetto e mi libero definitivamente dell’oggetto maleodorante.
Ho imparato fondamentalmente due cose da questa esperienza e
spero che possano essere di pubblica utilità. 1) Quando si fa un cocktail di
farmaci , MAI confidare nelle scale standard di allarmi personali per
l’espletamento in tempo utile! 2) Ovunque andiate , in qualsiasi posto voi
siate, un banale sacchetto di plastica può tirarvi d’impaccio dalle situazioni
più estreme!
Un saluto da Mercurio, con la speranza di non ricascarci
più!
lunedì 23 settembre 2013
L'asso di picche
Chi ha buona memoria ricorderà che una sorta di
predizione era già stata fatta in un post prima delle vacanze estive. Il
buon Acciaio si è laureato e durante la discussione della tesi non si è
fatto mancare nulla, ma proprio nulla.
All'inizio di questo blog si raccontava come la tensione pre esame
giocasse un vigliacco tiro mancino all'intestino di chi scrive. E'
consuetudine il fenomeno per cui ad ogni mio esame universitario
corrisponda una “seduta” mezz'ora prima dell'appello. La predizione era
proprio questa: figurarsi cosa può succedere quella mezz'ora prima della
discussione della tesi finale! Infatti.
Infatti succede che ci si deve presentare ore e ore prima perchè “non
sai mai, può succedere la qualsiasi” mi dice il mio relatore. Ma la
qualsiasi cosa??? Basta fare delle liste e uno sa quando si deve
presentare! Io mi lamento ma meglio cosi, arrivo in università quando
ancora la rugida accarezza i fasci d'erba e gli usignoli cantano il
risveglio del mondo, solo io rompo il clima idilliaco. Vestito come un
controllore degli autobus, addormentato, pallido e più scazzato che
teso, mi metto a ripensare il discorso che dovrò fare davanti alla santa
inquisizione. Quando ad un bel punto, ciò che era ampiamente
prevedibile accade. Io dissimulo, ma una certa ansia la trasudo e cosi
sento lo strizzone che come di consueto mi prende il basso ventre. La
procedura è la solita, basta tenere a mente la regola aurea del piano
superiore (vedi post su Londra) specie il giorno delle lauree che la
facoltà sembra il circo Orfei pieno com'è di esseri umani di ogni ridda,
nani, vecchi con o senza ruote, infanti, 'mbriaconi, tutti rientranti
nel variegato gruppo “parenti”. Io, spinto da una causa superiore li
dribblo abilmente facendo anche qualche multa a dei vecchi forte del mio
vestito che concede autorità, arrivo all'ultimo piano (dove
praticamente manca solo la targhetta con il mio nome) e finalmente
“scarico” buona parte della tensione accumulata.
Non mi rendo subito conto che quello di cui mi sono appena liberato è
l'asso di picche di tutte le espulsioni pre-esame, me ne accorgo solo
qualche minuto dopo, quando la sempre ottima Shelly (cosi chiamata per
il tipico aspetto carinino, biondino, piccolino, sorrisino) torna dal
bagno con il terrore in volto. Alla richiesta di spiegazioni il suo
pallore aumenta: balbettando, spiega che è appena uscita dal bagno
(quello all'ultimo piano ovviamente, regola aurea docet) e di come abbia
sentito l'odore degli inferi, del demonio e della morte.
Non ci metto molto a capire a cosa si sta riferendo la graziosa Shelly,
(invecchiata di 40 anni in quel momento) e non a caso rivendico la
paternità dell'origine del maligno odore; Gonfio il petto. Lei
stupefatta mi chiede spiegazioni, tra cui il geniale “Ma ero nel bagno
delle donne come ha fatto ad arrivare fino a lì??”, io con tranquillità
in volto ma orgoglio nel cuore, spiego come quellasia stata l'espusione
definitiva, quella del pre-laurea e di come l'inevitabilità dell'evento
sia più che normale. I miei colleghi universitari, che negli anni hanno
imparato a conoscere questa mia particolarità, annuiscono complici.
Inutile stare ora a raccontare quello che è successo dopo: discussione,
festeggiamenti e tutto quanto. L'importante ora.........boh, non saprei
come concludere, dai a 'sto giro niente morale della favola! Baci baci.
lunedì 16 settembre 2013
Il Superuomo
Durante l'estate appena trascorsa sono incappato in uno
dei più classici degli incontri: l'ex compagno di banco delle superiori. Egli è quella persona che normalmente, al di fuori della vita scolastica, non
vorresti dargli neanche il saluto ma che nei quattro muri della propria
classe diventa un insostituibile partner per la sopravvivenza nel mondo
dell'istruzione superiore. Ebbene il compagno, che da questo momento
verrà chiamato Nietzsche (poiché nel tempo ha dimostrato, come molti della nostra classe a quell'epoca, un intelletto al dì mooooolto sopra della media ma comunque dimostrando di
abbracciare le teorie del SuperUomo tanto a care a certi ambienti delle
prealpi orobiche) mi accenna in quel caldo giorno estivo, al presente
blog e al perchè non è presente un post su tutte quelle volte che si
“impiccava” e poi io sparivo. (Impiccare = Bigiare, marinare, fare sega,
saltare, limare, etc..). Recepito questo input al mio cervello, segue un momento di vuoto totale. Poi l'archivio nella mia testa mi
restituisce un intero faldone di tutti quei magici momenti a cui
Nietzsche faceva riferimento. Accadimenti che si presentavano con una
tale regolarità che io li avevo persino rimossi collocandoli nella
totalità dell'episodio “saltare la scuola”. Spiego: si dà il caso che per ogni scuola superiore del mondo corrisponda sempre
un bar, situato a circa 500 metri di distanza dalla suddetta, anonimo,
con molti posti a sedere ma soprattutto dotato di biliardino e
videogiochi, spesso nascosti ai normali avventori. Il “nostro” bar li
aveva in un piano seminterrato. Il diabolico proprietario aveva creato
la base perfetta per tutti gli studenti in cerca di un rifugio, un
irresistibile maga Circe per il giovane adolescente che offriva riparo
da occhi indiscreti, attività ludiche e superalcolici terribili come il
Bellini, il Bacardi Breezer o la temutissima ed amarissima BIRRA.
Anche il gruppo composto da me, Nietzsche ed altri luminari e futuri
premi Nobel non faceva eccezione. Usavamo quel bar (di cui neanche
ricordo il nome, forse perchè non l'ho mai saputo o addiritura perchè
proprio un nome non ce l'aveva) come base per poi decidere il dà farsi:
entrare a scuola in ritardo, andare alla grande metropoli Bergamo o
inventarsi uno sciopero e quindi tornarsene a casa. Non era rara la soluzione alternativa a quelle appena citate, ovvero passare l'intera mattinata davanti al biliardino decidendo
cosa fare di quella mattinata. Ed proprio in quel momento sacro che
celebrava il gruppo, lo stare insieme che io mi distaccavo per dedicarmi
a ciò che Nietzsche mi ha ricordato.
A pensarla con il senno di poi la causa di tutti i miei mali era
ovviamente l'orrido miscuglio che creavo nel mio stomaco: latte a casa,
cappuccino nel bar seguito da improbabili intrugli dolci-salati. La cosa
positiva del bar era che il biliardino e il bagno erano nello stesso
locale al piano di sotto. La cosa negativa, e che annulla quella positiva,
era che la chiave del bagno era appesa dietro il bancone del bar al
piano di sopra, cazzo! (Vecchie ferite di riaprono, grazie Nietzsche!).
E cosi, ogni volta che tornavo giù da quelle scale, i miei compagnucci
notavano che avevo in mano solo una chiave in luogo delle solite
brioches, questo scatenava una trafila di prese per il culo straordinarie a me dirette.
Ma io indifferente andavo in bagno e mi liberavo puntualmente
dell'orrido bolo.
Analizzando a distanza di anni questi eventi che si verificavano con
puntualità svizzera, credo siano stati proprio questi a forgiare il
totale disinteresse verso l'Altro quando sono nei momenti d'allarme e forse Nietzsche,
oggi come allora, ha contribuito a creare in modo del tutto peculiare
uno degli aspetti tipici del suo amato SuperUomo.
lunedì 9 settembre 2013
Discovering London pt. 2 - Alzare il proprio orizzonte
Come
già anticipato nella prima parte dell'epopea londinese, ho vissuto i
miei giorni britannici affetto dal più o meno gradevole fenomeno per cui
ogni volta che viaggio mi si restringe un po' la cloaca. Nel caso
specifico, in una settimana ho dovuto appoggiare le mie terga soltanto
tre volte.
Svelata una delle tre sedute nel post precedente, è ora di raccontare le
altre due che hanno in comune il contesto: un museo. Ebbene si,
evidentemente la cultura mi fa cagà, non si spiega in altro modo, ma
attenzione! Qui non si parla di due museetti (si pronuncia: muse,e
-respiro- tti) da quattro danari, bensì del British Museum e della Tate
Modern, due dei musei più famosi al mondo. Diciamo che con le mie
performance ho provato ad essere degno del luogo in cui mi trovavo.
La mia prima chiamata all'ordine (nella mattinata del quarto giorno di "sciopero", cominciavo a preoccuparmi) è stata mentre si visitava il British
Museum, immensa esposizione permanente che riassume l'intera cultura
mondiale dai primordi della civiltà fino ad arrivare all'altro ieri.
Vuoi che in un posto cosi solenne non mi viene da visitare anche i
solenni bagni? Ovvio che no. Finalmente dopo giorni di silenzio comunico
ad Acciaia, non senza una punta di gioia, il solito messaggio, “Io ho
una pratica da sbrigà”. Mi avvio cosi in quegli che sembrano dei
semplici bagni pubblici ma che in realtà sono un punto dove convergono
milioni e milioni di essere umani da ogni angolo del mondo che si
liberano del loro retaggio culinario, anche in questo il British Museum
non è secondo a nessuno e infatti penso: “Chissà che troiaio”. E invece.
E invece mi accorgo subito che la lunga coda che porta verso i bagni è
composta da sole donne, rido, le schivo ed entro nel comunque affolato
bagno maschile. Pochi minuti d'attesa ed entro nel cunicolo dove c'è il
water che inaspettatamente è quasi pulito! Ma pensa, la gente nei musei è civile! Contento, mi siedo ed elimino materiale che molti stati
dichiarebbero illegale come il fosforo bianco. Uscendo vedo che vicino ai lavandini c'è addirittura una piccola fontanella per
abbeverarsi, quasi quasi vado nei musei solo per andare in bagno!
Ma è nella Tate Modern che ho l'occasione di sfruttare tutta
l'esperienza accumulata nel tempo, la situazione è la medesima di quella
appena descritta: durante la visione delle opere dentro il museo,
questa volta un po' più piccolo del primo ma comunque molto vasto, mi
sgancio da Acciaia (che poi ritroverò come sempre appoggiata ad una
ringhiera con la faccia sconsolata) e vado verso il bagno. Quando arrivo
alla porta realizzo che la cosa è infattibile, c'è tantissima gente,
molto più che al British e comunque esce una puzza di fogna non
sottovalutabile, mi crolla un mito della pulizia museale nato solo qualche giorno prima. Urge
un piano B. E qui faccio uscire tutta la scaltrezza tipica di chi non può
permettersi nemmeno una piccola sgommata, sarebbe la via diretta verso
la disgrazia. Mi fiondo allora verso le scale mobili e salgo al primo
piano, qui c'è molta meno gente ma so che posso fare meglio, prendo
allora la rampa successiva e vado al secondo piano dove ci sono
prevalentemente esposizioni temporanee e soprattutto a pagamento: il deserto. Ad occhio
sul piano ci saranno quindici persone al massimo. Con un sorrisone di
soddisfazione vado verso il bagno che trovo lindo e pulito come quello
di un ospedale, un signore asiatico sta uscendo e mi guarda quasi
scusandosi per essere uscito dal bagno che anche io mi sto accingendo ad
usare. Mi siedo colmo di soddisfazione ed elimino la seconda ondata di
scorie nocive. La giornata non avrebbe potuto prendere una piega migliore,
percui quando si è in un luogo molto affollato e si è in emergenza la
regola d'oro è: puntare in alto, avere grande ambizione e... andare
almeno al secondo piano.
lunedì 2 settembre 2013
Discovering London pt.1 - Abbassare la guardia
Per le vacanze estive ho deciso di
visitare Londra, città enorme e bellissima che può offrire la
qualsiasi. Al mio fianco l'infaticabile Acciaia, ma già occorre fare
una piccola digressione: circa due mesi prima della partenza, al
momento di prenotare i biglietti da quella società di ricatto, furto
ed estorsione che è riconosciuta sotto il nome di Ryanair, tutti e due ci siamo soffermati a
riflettere su una particolarità della città inglese e di tutta la
sua nazione, ovvero il cibo non proprio squisito. O meglio, gli
effetti tragici che quest'ultimo avrebbe potuto avere sul mio organismo,
la conclusione però è stata che insomma... sticazzi! Siamo in vacanza ed
ogni porcheria solida o liquida, dolce o salata è permessa. Cosi è
stato.
Durante la nostra settimana londinese però, è accaduto quel fenomeno che (vivaddio) mi accade spesso quando sono lontano da casa, respirando altra aria, avendo altri ritmi, succede che il tutto si restringe, diventa blando. Questo evento (cui ancora non sono riuscito a trovare un nome adatto, Il tunnel della Manica? Lo stretto di Messina? Bah..) mi consente di visitare il luogo dove mi trovo in relativa tranquillità nonostante i vari hamburger, cheesecake, birre, sidri, e ogni genere di CAZZATA presentata agli organi interni.
Il risultato di tutto ciò è che in una settimana ho avuto soltanto tre chiamate all'altissimo. Una pacchia.
Ma dove sta il risvolto della medaglia in tutto ciò? Sta nel fatto che, come ogni pentola a pressione che si rispetti, più si riempie e più il rischio di scoppio è alto. Fortunatamente nessuna esplosione si è verificata ma quando la chiamata arriva, la fede non ha limiti, nemmeno se sei nel cuore dell'enorme Hyde Park. Nessun problema, l'efficienza inglese mi porta a trovare l'indicazione al bagno pubblico più vicino che sicuramente sarà pulito e fresco di rosa perchè ogni mattina verrà pulito e lucidato da un probo netturbino. Abbasso la guardia, arrido al fato. Che puntualmente me la fa pagare, in un modo subdolo e più psicologico questa volta, ma sicuramente più efficace. Infatti il dazio da pagare non sono certo i 50 pence da cacciare all'ingresso, che tiro fuori senza batter ciglio, bensì quella targhetta che noterò solo alla fine del lavoro. Infatti entro nel bagno e mi si presenta un water parecchio malandato ma effettivamente pulito, io mi siedo ed elimino le scorie prodotto di eccessi dei giorni precedenti, tante ma tante. A quel punto mi alzo e tiro la catena, lo scarico non va ma io ne batto allegramente visto che il mio lavoro l'ho fatto! Gonfio d'arroganza faccio per uscire dal bagno quando solo a quel punto noto la piccola targhetta apposta sulla porta, incuriosito la leggo: “Le malattie veneree sono un problema serio e pericoloso! Questo luogo non si può ritenere del tutto sicuro per la trasmissione di virus! Se hai dubbi e hai bisogno di aiuto, chiama il numero 0800 XXXXXX”. Giuro che sono uscito dai bagni seriamente turbato, non ci avevo mai pensato! Se penso in tutti i posti dove mi sono “chinato” è un miracolo che non abbia la peste, la pellagra, il carbonchio, il tifo!
Ritrovo un'Acciaia sconsolata ed appoggiata ad una ringhiera, subito le comunico tutte le mie preoccupazioni e lei, che mi capisce, mi tranquillizza cosi: “Tsk! Dopo tutto questo tempo pensavo fossi già morto li dentro...”. Grazie Acciaia.
Durante la nostra settimana londinese però, è accaduto quel fenomeno che (vivaddio) mi accade spesso quando sono lontano da casa, respirando altra aria, avendo altri ritmi, succede che il tutto si restringe, diventa blando. Questo evento (cui ancora non sono riuscito a trovare un nome adatto, Il tunnel della Manica? Lo stretto di Messina? Bah..) mi consente di visitare il luogo dove mi trovo in relativa tranquillità nonostante i vari hamburger, cheesecake, birre, sidri, e ogni genere di CAZZATA presentata agli organi interni.
Il risultato di tutto ciò è che in una settimana ho avuto soltanto tre chiamate all'altissimo. Una pacchia.
Ma dove sta il risvolto della medaglia in tutto ciò? Sta nel fatto che, come ogni pentola a pressione che si rispetti, più si riempie e più il rischio di scoppio è alto. Fortunatamente nessuna esplosione si è verificata ma quando la chiamata arriva, la fede non ha limiti, nemmeno se sei nel cuore dell'enorme Hyde Park. Nessun problema, l'efficienza inglese mi porta a trovare l'indicazione al bagno pubblico più vicino che sicuramente sarà pulito e fresco di rosa perchè ogni mattina verrà pulito e lucidato da un probo netturbino. Abbasso la guardia, arrido al fato. Che puntualmente me la fa pagare, in un modo subdolo e più psicologico questa volta, ma sicuramente più efficace. Infatti il dazio da pagare non sono certo i 50 pence da cacciare all'ingresso, che tiro fuori senza batter ciglio, bensì quella targhetta che noterò solo alla fine del lavoro. Infatti entro nel bagno e mi si presenta un water parecchio malandato ma effettivamente pulito, io mi siedo ed elimino le scorie prodotto di eccessi dei giorni precedenti, tante ma tante. A quel punto mi alzo e tiro la catena, lo scarico non va ma io ne batto allegramente visto che il mio lavoro l'ho fatto! Gonfio d'arroganza faccio per uscire dal bagno quando solo a quel punto noto la piccola targhetta apposta sulla porta, incuriosito la leggo: “Le malattie veneree sono un problema serio e pericoloso! Questo luogo non si può ritenere del tutto sicuro per la trasmissione di virus! Se hai dubbi e hai bisogno di aiuto, chiama il numero 0800 XXXXXX”. Giuro che sono uscito dai bagni seriamente turbato, non ci avevo mai pensato! Se penso in tutti i posti dove mi sono “chinato” è un miracolo che non abbia la peste, la pellagra, il carbonchio, il tifo!
Ritrovo un'Acciaia sconsolata ed appoggiata ad una ringhiera, subito le comunico tutte le mie preoccupazioni e lei, che mi capisce, mi tranquillizza cosi: “Tsk! Dopo tutto questo tempo pensavo fossi già morto li dentro...”. Grazie Acciaia.
lunedì 17 giugno 2013
Madonne
La mattinata che mi accingo a raccontare è stata senz'altro una delle
più stronze degli ultimi tempi in cui il mio particolare rapporto con i
bagni pubblici si intreccia con altre innumerevoli sfighe presentatesi a
valanga nel corso della radiosa giornata. I lugubri locali che ho
visitato sono ben due e vanno ad aggiornare l'archivio dei WC della
metropolitana milanese.
Tutto comincia alle 8 di una mattina particolarmente soleggiata, la mia meta è Torino dove devo sbrigare alcune pratiche, per muovermi ho scelto i trasporti pubblici o quasi, nel senso che ho prenotato i biglietti per Italo, la nuova compagnia ferroviaria del sempre lucido Montezemolo.
Però prima bisogna arrivarci a Porta Garibaldi, la stazione dove partono i treni. Cosi prendo la macchina e vado a prendere la metropolitana, ma ecco che la serie di sventure inizia ora: parcheggio. Non c'è. Giro per interminabili minuti in zona stazione ma nulla, vado un po' più in fuori e lascio la macchina in un posto che, come girato l'angolo a piedi, me la immaginavo già per le vie di Tirana con le targhe del luogo. Pazienza. Corro verso la metro perchè sono in ritardo, ma come mi siedo, ecco la vendetta di Montezuma che piomba su di me: cosi, dal nulla pneumatico, mi trovo in emergenza totale con tutto il basso ventre in subbuglio, è un disastro perchè se mi fermo so che perdo il treno. Passano circa 5 fermate con il fiato sospeso purtroppo però a Cernusco sul Naviglio devo mollare il colpo, scendo e, pallido in volto, cerco il bagno (perchè lo ricordo ancora, il bagno c'è in TUTTE le stazioni). Vedo un cartello WC che curiosamente indica fuori dalla stazione, io ci vado e davanti a me vedo uno spettacolo disarmante: una cosa tipo cella di cemento con le porte aperte da cui si scorge una specie di turca di colore grigio, lo stesso dei muri e dei pavimenti. Disarmato, ci entro lo stesso perchè l'attacco di stomaco è particolarmente violento e faccio il mio dovere in condizioni pietose (provvidenziale fu il pacchetto di fazzoletti nel mio zaino). Nel mentre che sono accucciato sento anche qualcuno che entra nell'antibagno, probabilmente un'atimmino (personale del servizio ATM) che controlla che io non mi stia drogando.
Esco da quel postaccio molto più sollevato ma è solo l'inizio, intontito dalla foga del momento rientro in metro e non mi accorgo che il tornello in entrata non ha preso la mia tessera, io ci passo, la sbarra non si muove e mi cappotto in avanti tipo catapulta. E giù madonne.
Ricompostomi rientro in metro ma come se ci fosse un tacito accordo tra l'intera linea M2 e il mio apparato digerente, riesplode qualcosa nell'intestino. E giù madonne. Questa volta resisto fino a Garibaldi, faccio anche in tempo a realizzare che il “mio” Italo è partito da una mezz'oretta buona per poi fiondarmi nei bagni della stazione. Qui la donnina mi chiede ben 60 centesimi ma visto il mio tentennamento mi dice con un sorriso complice “dammeli pure dopo, vai, vai!”. Grato a lei entro nel bagno che è decisamente meglio di quello di Cernusco ma pur sempre un bagno di una stazione ferroviaria. Fatto il misfatto (cit.) torno dalla donnina che, mentre cerco le monete, pensa bene di prendermi un po' per il culo con frasi tipo “Fatta tutta?” “Succede a tutti, non ti preoccupare” “Una volta anche a me, ah ah ah”. Gli astanti ridono, io un po' meno. E giù madonne.
Esco dal bagno e mi permetto il lusso di un caffè, so che devo andare dall'amico bigliettaio di Trenitalia che mi darà non poche sofferenze. In fila c'è solo un caro vecchino che in pochi secondi si trasforma in Vecchiodimmerda visto che perde tempo raccontando al bigliettaio che dopo l'infarto prendeva 19 pillole al giorno ma adesso solo 11. Quando riesco a pormi davanti all'uomo Trenitalia, realizzo che forse preferivo il vecchiaccio, visto che mi propone il prossimo Freccia Rossa per Torino al prezzo equivalente a quello di un cuore umano sul mercato nero degli organi. E giù madonne.
Alla fine sono arrivato a Torino con solo un'ora e mezza di ritardo ma con molte energie nervose gettate alle ortiche. Sul treno, che bisogna ammetterlo: costa come un cuore nuovo, ma è molto figo, non mi sono neanche preso la briga di verificare lo stato del bagno della carrozza. Una volta raggiunta la mia destinazione, la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare in bagno. E giù madonne.
P.s: questo era l'ultimo post della stagione. Durante l'estate si farà come la migliore tradizione delle tv commerciali, ovvero: repliche, repliche, repliche! Le nuove storie partiranno più o meno da fine agosto, la bella stagione (temo) sarà foriera di nuovo materiale per le prossime storie. Grazie a tutti quelli che in sei mesi hanno voluto perdere del tempo leggendo di uno che va in bagno.
Acciaio
Tutto comincia alle 8 di una mattina particolarmente soleggiata, la mia meta è Torino dove devo sbrigare alcune pratiche, per muovermi ho scelto i trasporti pubblici o quasi, nel senso che ho prenotato i biglietti per Italo, la nuova compagnia ferroviaria del sempre lucido Montezemolo.
Però prima bisogna arrivarci a Porta Garibaldi, la stazione dove partono i treni. Cosi prendo la macchina e vado a prendere la metropolitana, ma ecco che la serie di sventure inizia ora: parcheggio. Non c'è. Giro per interminabili minuti in zona stazione ma nulla, vado un po' più in fuori e lascio la macchina in un posto che, come girato l'angolo a piedi, me la immaginavo già per le vie di Tirana con le targhe del luogo. Pazienza. Corro verso la metro perchè sono in ritardo, ma come mi siedo, ecco la vendetta di Montezuma che piomba su di me: cosi, dal nulla pneumatico, mi trovo in emergenza totale con tutto il basso ventre in subbuglio, è un disastro perchè se mi fermo so che perdo il treno. Passano circa 5 fermate con il fiato sospeso purtroppo però a Cernusco sul Naviglio devo mollare il colpo, scendo e, pallido in volto, cerco il bagno (perchè lo ricordo ancora, il bagno c'è in TUTTE le stazioni). Vedo un cartello WC che curiosamente indica fuori dalla stazione, io ci vado e davanti a me vedo uno spettacolo disarmante: una cosa tipo cella di cemento con le porte aperte da cui si scorge una specie di turca di colore grigio, lo stesso dei muri e dei pavimenti. Disarmato, ci entro lo stesso perchè l'attacco di stomaco è particolarmente violento e faccio il mio dovere in condizioni pietose (provvidenziale fu il pacchetto di fazzoletti nel mio zaino). Nel mentre che sono accucciato sento anche qualcuno che entra nell'antibagno, probabilmente un'atimmino (personale del servizio ATM) che controlla che io non mi stia drogando.
Esco da quel postaccio molto più sollevato ma è solo l'inizio, intontito dalla foga del momento rientro in metro e non mi accorgo che il tornello in entrata non ha preso la mia tessera, io ci passo, la sbarra non si muove e mi cappotto in avanti tipo catapulta. E giù madonne.
Ricompostomi rientro in metro ma come se ci fosse un tacito accordo tra l'intera linea M2 e il mio apparato digerente, riesplode qualcosa nell'intestino. E giù madonne. Questa volta resisto fino a Garibaldi, faccio anche in tempo a realizzare che il “mio” Italo è partito da una mezz'oretta buona per poi fiondarmi nei bagni della stazione. Qui la donnina mi chiede ben 60 centesimi ma visto il mio tentennamento mi dice con un sorriso complice “dammeli pure dopo, vai, vai!”. Grato a lei entro nel bagno che è decisamente meglio di quello di Cernusco ma pur sempre un bagno di una stazione ferroviaria. Fatto il misfatto (cit.) torno dalla donnina che, mentre cerco le monete, pensa bene di prendermi un po' per il culo con frasi tipo “Fatta tutta?” “Succede a tutti, non ti preoccupare” “Una volta anche a me, ah ah ah”. Gli astanti ridono, io un po' meno. E giù madonne.
Esco dal bagno e mi permetto il lusso di un caffè, so che devo andare dall'amico bigliettaio di Trenitalia che mi darà non poche sofferenze. In fila c'è solo un caro vecchino che in pochi secondi si trasforma in Vecchiodimmerda visto che perde tempo raccontando al bigliettaio che dopo l'infarto prendeva 19 pillole al giorno ma adesso solo 11. Quando riesco a pormi davanti all'uomo Trenitalia, realizzo che forse preferivo il vecchiaccio, visto che mi propone il prossimo Freccia Rossa per Torino al prezzo equivalente a quello di un cuore umano sul mercato nero degli organi. E giù madonne.
Alla fine sono arrivato a Torino con solo un'ora e mezza di ritardo ma con molte energie nervose gettate alle ortiche. Sul treno, che bisogna ammetterlo: costa come un cuore nuovo, ma è molto figo, non mi sono neanche preso la briga di verificare lo stato del bagno della carrozza. Una volta raggiunta la mia destinazione, la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare in bagno. E giù madonne.
P.s: questo era l'ultimo post della stagione. Durante l'estate si farà come la migliore tradizione delle tv commerciali, ovvero: repliche, repliche, repliche! Le nuove storie partiranno più o meno da fine agosto, la bella stagione (temo) sarà foriera di nuovo materiale per le prossime storie. Grazie a tutti quelli che in sei mesi hanno voluto perdere del tempo leggendo di uno che va in bagno.
Acciaio
lunedì 10 giugno 2013
Man at work
Questa settimana va cosi, occupato come non mai a cercare di recuperare quel pezzettino di carta nonostante la mia prossima anzianità, sono costretto a mettere da parte, almeno per questa settimana, le eroiche gesta nelle toilettes del mondo. Abbi fede mio caro avventore, che se tutto va come deve andare, una storia post-discussione ci scappa sicuro sicuro.
Con stima rinnovata
Acciaio
Con stima rinnovata
Acciaio
lunedì 3 giugno 2013
Rituali
Chi di noi, spaventato da qualsiasi situazione (imminenza di cose
stupide e pericolose, prossime scadenze, posto di blocco, etc..) non ha
mai pronunciato la celeberrima frase: “Mi sto cagando addosso"? Ovviamente anche io non sono esente da questa cosa però con una
particolarità, e dio solo sa come la odio: quando sono teso e dico o
penso: “Oh, mi sto cagando addosso!” la cosa succede davvero! Mi spiego
meglio, se dico che mi sto cagando addosso, è perchè devo davvero disporre in bagno.
La tipica situazione in cui questa cosa si verifica è quando devo dare un esame in università: porca puttana ogni volta che arrivo fuori dall'aula mi tocca scapparmene nelle "mie stanze"! Naturalmente con il tempo ho cercato di contrastare questo problema senza però raggiungere risultato alcuno e l'unica cosa che posso fare è, maledizione, alzarmi dal letto una mezz'oretta prima in modo da avere il tempo necessario per espletare le mie funzioni.
Lo schema è il seguente: prima di uscire di casa mi preparo consapevole del fatto che se provassi a sedermi sul water non succederebbe assolutamente nulla, già in ansia per il fatto che l'ansia che avrò mi proverà problemi di intestino (questa grammatica italiana mi fa sudare), salgo sui mezzi pubblici e so che in caso di problemi sarei spacciato, questa eventualità puntualmente accade e io sono costretto ad interrompere il ripasso e concentrarmi sui miei sfinteri. Arrivato in università benedico il momento in cui ho deciso di svegliarmi mezz'ora prima, schivo il capannello di persone intente a ripassare, accenno un timido sorriso e viaggio verso il bagno.
Scaricato, esco dalla porta del bagno e generalmente molti notano che ero entrato nel bagno parecchi minuti prima ma io non me ne preoccupo, in orario per l'esame e pronto per ripassare, che vada bene o che vada male. (Poesia)
La tipica situazione in cui questa cosa si verifica è quando devo dare un esame in università: porca puttana ogni volta che arrivo fuori dall'aula mi tocca scapparmene nelle "mie stanze"! Naturalmente con il tempo ho cercato di contrastare questo problema senza però raggiungere risultato alcuno e l'unica cosa che posso fare è, maledizione, alzarmi dal letto una mezz'oretta prima in modo da avere il tempo necessario per espletare le mie funzioni.
Lo schema è il seguente: prima di uscire di casa mi preparo consapevole del fatto che se provassi a sedermi sul water non succederebbe assolutamente nulla, già in ansia per il fatto che l'ansia che avrò mi proverà problemi di intestino (questa grammatica italiana mi fa sudare), salgo sui mezzi pubblici e so che in caso di problemi sarei spacciato, questa eventualità puntualmente accade e io sono costretto ad interrompere il ripasso e concentrarmi sui miei sfinteri. Arrivato in università benedico il momento in cui ho deciso di svegliarmi mezz'ora prima, schivo il capannello di persone intente a ripassare, accenno un timido sorriso e viaggio verso il bagno.
Scaricato, esco dalla porta del bagno e generalmente molti notano che ero entrato nel bagno parecchi minuti prima ma io non me ne preoccupo, in orario per l'esame e pronto per ripassare, che vada bene o che vada male. (Poesia)
lunedì 27 maggio 2013
Di genialità ed impacci
Mi
sembra opportuno e doveroso inserire nel post di questa settimana un
importante contributo, di quelli classificabili come “Storie di vita
vissuta”. Protagonista dell’episodio sarà colui che spesso riesce a
regalare momenti di pura genialità, per questo ho coniato un soprannome
proteggi-privacy di quelli altisonanti e che rendono bene il calibro
delle sue imprese: il nostro eroe sarà Dynamo.
Chi ha letto il precedente post sulle turche (per chi non lo ha fatto, lo può trovare QUI) ricorderà un passo dove si descrivono i pericolosissimi rischi della turca, in particolare il peggiore di tutti, la perdita dell’equilibrio all’indietro. Ebbene il Nostro è riuscito ad andare oltre, però prima è necessario contestualizzare. Innanzitutto bisogna andare molto indietro nei ricordi, ai tempi della pre adolescenza, quando le coscienze sono ancora in fase di formazione ma sempre e comunque precarissime. Quel giorno c’ero anche io, eravamo a sciare. Ora, se si hanno peculiari problemi come il mio, l’associazione mentale che si fa con lo sci non è il bianco della neve, lo sport, le discese e tutte queste belle cose, ma l’odiosa, infida, ridicola e beffarda calzamaglia che mammà ti costringeva ad indossare. Ti ho odiato fin dal primo secondo.
Nell’idilliaca giornata bianca riscaldata da un bel sole montano, il buon Dynamo si trova in difficoltà; Tutto imbardato in completo da sci si fionda nel bagno del bar all'interno del complesso sciistico. C’è un sacco di gente, fa la coda, aspetta pazienze con le gambe strette strette ed entra finalmente nel bagno, per terra è tutto bagnato causa neve residua incastrata negli scarponi e ovviamente trova lei, la turca. Dynamo si districa da tutti gli strati di vestiti e fa il suo lavoro fino in fondo, tutto ok. Il giovane però si rialza goffissimo tra i vestiti e proprio lì accade la tragedia….si esatto, scivola. Cade. Cade maledettamente all’indietro andando ad atterrare proprio sulla turca e sul misfatto. Risultato: macchiazza terrificante sul maglione. Ma Dynamo è un genio, non se lo è scordato e anche se è in difficoltà, entra in azione e che cosa fa? Via il maglione e con quello si mette a pulire per terra. Finita l’operazione, butta l’orrido impacco di lana e secrezioni nel cestino.
A quel punto il provetto sciatore esce dal bagno frastornato dall’accaduto e si accorge che nel bar non era solo, la coda è sproporzionatamente lunga. Come il miglior Acciaio insegna, sguardo basso e passo svelto.
La giornata di sci scorre con un maglione in meno ma con un esperienza in più, il ragazzo è un genio l’avevo detto. Giù il sipario. Acciaio è solidale con Dynamo perchè conservo brutti ricordi della stagione sciistica, quasi sempre dovevo costringere l'autista del pullman a fermarsi il più vicino possibile ai bagni dell'impianto e poi c'era sempre quell'odiosa calzamaglia che fungeva da ulteriore ostacolo, a pensarci bene è un mezzo miracolo che anche io non sia finito a gambe all'aria come il malcapitato Dynamo, genio contemporaneo.
Chi ha letto il precedente post sulle turche (per chi non lo ha fatto, lo può trovare QUI) ricorderà un passo dove si descrivono i pericolosissimi rischi della turca, in particolare il peggiore di tutti, la perdita dell’equilibrio all’indietro. Ebbene il Nostro è riuscito ad andare oltre, però prima è necessario contestualizzare. Innanzitutto bisogna andare molto indietro nei ricordi, ai tempi della pre adolescenza, quando le coscienze sono ancora in fase di formazione ma sempre e comunque precarissime. Quel giorno c’ero anche io, eravamo a sciare. Ora, se si hanno peculiari problemi come il mio, l’associazione mentale che si fa con lo sci non è il bianco della neve, lo sport, le discese e tutte queste belle cose, ma l’odiosa, infida, ridicola e beffarda calzamaglia che mammà ti costringeva ad indossare. Ti ho odiato fin dal primo secondo.
Nell’idilliaca giornata bianca riscaldata da un bel sole montano, il buon Dynamo si trova in difficoltà; Tutto imbardato in completo da sci si fionda nel bagno del bar all'interno del complesso sciistico. C’è un sacco di gente, fa la coda, aspetta pazienze con le gambe strette strette ed entra finalmente nel bagno, per terra è tutto bagnato causa neve residua incastrata negli scarponi e ovviamente trova lei, la turca. Dynamo si districa da tutti gli strati di vestiti e fa il suo lavoro fino in fondo, tutto ok. Il giovane però si rialza goffissimo tra i vestiti e proprio lì accade la tragedia….si esatto, scivola. Cade. Cade maledettamente all’indietro andando ad atterrare proprio sulla turca e sul misfatto. Risultato: macchiazza terrificante sul maglione. Ma Dynamo è un genio, non se lo è scordato e anche se è in difficoltà, entra in azione e che cosa fa? Via il maglione e con quello si mette a pulire per terra. Finita l’operazione, butta l’orrido impacco di lana e secrezioni nel cestino.
A quel punto il provetto sciatore esce dal bagno frastornato dall’accaduto e si accorge che nel bar non era solo, la coda è sproporzionatamente lunga. Come il miglior Acciaio insegna, sguardo basso e passo svelto.
La giornata di sci scorre con un maglione in meno ma con un esperienza in più, il ragazzo è un genio l’avevo detto. Giù il sipario. Acciaio è solidale con Dynamo perchè conservo brutti ricordi della stagione sciistica, quasi sempre dovevo costringere l'autista del pullman a fermarsi il più vicino possibile ai bagni dell'impianto e poi c'era sempre quell'odiosa calzamaglia che fungeva da ulteriore ostacolo, a pensarci bene è un mezzo miracolo che anche io non sia finito a gambe all'aria come il malcapitato Dynamo, genio contemporaneo.
lunedì 20 maggio 2013
Cose turche
Premessa: questo più che un racconto è uno sfogo. Ma cazzo è possibile
che nel 2013, con internet, la tecnologia, la digitalizzazione e tutto
quanto si debba ancora cagare nelle turche???
Non sto parlando di vari fetidi Autogrill o di qualsiasi altro luogo pubblico strafrequentato ma del posto dove, scusate il termine, lavoro. E' assurdo! Apparte che già non mi capacito di come possa essere sempre ed irrimediabilmente zozzo, ma va beh, sono abituato; Ma la turca no!
La prima volta che ho visto il bagno, e cioè il secondo giorno di lavoro e non certo per farci pipì, sono stato preso dallo sconforto, vita lavorativa guastata di certo.
Ormai non provo neanche più gusto ad arrivare sano e salvo al lavoro (vedere precedente storia che parla di metropolitana) perchè anche se succede dovrò poi confrontarmi con quel cazzo di buco piastrellato, non c'è soddisfazione nel trionfo. Per tutto l'arco della giornata vive inchiodato nella mia testa il pensiero che prima o poi lo stimolone mi verrà, e lei sarà li ad attendermi al varco.
Il peggio è quando sono costretto a “sessioni” lunghe, quelle in cui c'è una specie di intervallo tra un primo e secondo tempo. Sono costretto ad una posizione innaturale più che mai e sono convintissimo che nelle gambe umane manchino dei muscoli appositi per stare fermi in quel modo, o per lo meno quelle degli uomini perchè da quando ho scoperto che ci sono donne che si “siedono” senza toccare l'asse del water le mie sicurezze sono crollate. Tornado alle famigerate sessioni lunghe i problemi non finiscono li, perchè oltre alla posizione infida c'è il problema dell'equilibrio, se si dovesse scivolare in avanti le conseguenze sarebbero disastrose (causa scarsa mira dei precedenti utilizzatori), ma se si dovesse andare all'indietro il danno sarebbe incalcolabile. Aggiungiamoci il fatto che spesso mentre sono li come un acrobata devo anche MINZIONARE (eh già, sono molto colto, il maiuscolo è d'obbligo) vivo con il terrore di pisciarmi sulle scarpe. L'apice l'ho toccato durante una seduta (seduta un cazzo!) più lunga delle altre: alla fine dell'impegno mi sono rialzato e sono stato colpito dai crampi, I CRAMPI! Credo di aver maledetto un numero considerevole di santi, metà calendario di sicuro.
Va beh, tutto qui. Turche dimmmerda. La civiltà farà un grosso passo in avanti quando scompariranno dalla faccia della terra quegli schifosissimi buchi nel pavimento, cazzo. O forse, e mi pare più probabile, quando gli scienziati si inventeranno degli innesti alle nostre gambe con dei muscoli di sopporto. Boh, basta. Ciao.
Non sto parlando di vari fetidi Autogrill o di qualsiasi altro luogo pubblico strafrequentato ma del posto dove, scusate il termine, lavoro. E' assurdo! Apparte che già non mi capacito di come possa essere sempre ed irrimediabilmente zozzo, ma va beh, sono abituato; Ma la turca no!
La prima volta che ho visto il bagno, e cioè il secondo giorno di lavoro e non certo per farci pipì, sono stato preso dallo sconforto, vita lavorativa guastata di certo.
Ormai non provo neanche più gusto ad arrivare sano e salvo al lavoro (vedere precedente storia che parla di metropolitana) perchè anche se succede dovrò poi confrontarmi con quel cazzo di buco piastrellato, non c'è soddisfazione nel trionfo. Per tutto l'arco della giornata vive inchiodato nella mia testa il pensiero che prima o poi lo stimolone mi verrà, e lei sarà li ad attendermi al varco.
Il peggio è quando sono costretto a “sessioni” lunghe, quelle in cui c'è una specie di intervallo tra un primo e secondo tempo. Sono costretto ad una posizione innaturale più che mai e sono convintissimo che nelle gambe umane manchino dei muscoli appositi per stare fermi in quel modo, o per lo meno quelle degli uomini perchè da quando ho scoperto che ci sono donne che si “siedono” senza toccare l'asse del water le mie sicurezze sono crollate. Tornado alle famigerate sessioni lunghe i problemi non finiscono li, perchè oltre alla posizione infida c'è il problema dell'equilibrio, se si dovesse scivolare in avanti le conseguenze sarebbero disastrose (causa scarsa mira dei precedenti utilizzatori), ma se si dovesse andare all'indietro il danno sarebbe incalcolabile. Aggiungiamoci il fatto che spesso mentre sono li come un acrobata devo anche MINZIONARE (eh già, sono molto colto, il maiuscolo è d'obbligo) vivo con il terrore di pisciarmi sulle scarpe. L'apice l'ho toccato durante una seduta (seduta un cazzo!) più lunga delle altre: alla fine dell'impegno mi sono rialzato e sono stato colpito dai crampi, I CRAMPI! Credo di aver maledetto un numero considerevole di santi, metà calendario di sicuro.
Va beh, tutto qui. Turche dimmmerda. La civiltà farà un grosso passo in avanti quando scompariranno dalla faccia della terra quegli schifosissimi buchi nel pavimento, cazzo. O forse, e mi pare più probabile, quando gli scienziati si inventeranno degli innesti alle nostre gambe con dei muscoli di sopporto. Boh, basta. Ciao.
lunedì 13 maggio 2013
Quasi Cenerentola
Questa settimana il protagonista della consueta storia non sarà il
povero Acciaio ormai consumato da mille avventure, bensì ci sarà UNA
protagonista. L'occasione è propizia per mettere in evidenza alcuni
piccoli ma determinanti aspetti circa i problemi intestinali.
Per proteggere la privacy della nostra eroina, chiamerò la donzella Cenerentola per motivi che poi risulteranno chiari. Siamo in clima post primaverile – pre estivo e Cenerentola è pronta a presenziare alla classica cena di fine anno con tutti i colleghi della sua azienda. Quest'anno però il ristorante non è il solito sotto casa, viene infatti scelto uno splendido agriturismo sulle colline romagnole a circa 50 km dalla “base” (Il bagno di casa, non la casa in sé) e la nostra protagonista divide la macchina con un'altra collega. La cena scorre perfetta: ottimo cibo, vino a volontà e valanghe di pettegolezzi tra colleghe (Quanto di più futile possa esistere, ma va beh, cose mie). Peccato solo che , prima dei saluti finali, tali pettegolezzi si dilunghino all'infinito e il clima collinare si rivela vigliacco e traditor: con il calare della notte si alza un vento che non ha problemi a superare le uniche difese di una gonnellina e una maglietta. “Ho sentito un treno attraversarmi la pancia e ho capito che non era più il momento di attendere”, per Cenerentola inizia un calvario terribile.
Con una poco coraggiosa scusa, ma non per questo mistificatrice – Vado a far la pipì - la nostra Cerry torna dentro il ristorante ed entra nel bagno, pronta per una performance pirotecnica ma si blocca all'improvviso. Alla ragazza si presenta un problema pressochè insormontabile, una diga che non si può oltrepassare: i bagni delle donne sono separati da quelli degli uomini da un muro aperto sulla parte superiore, pochi centrimetri sufficienti per rimandare la resa dei conti.
Ostentando sicurezza, Cenerentola torna fuori con il resto del gruppo ma il suo cervello sta macchinando un piano B, dopo pochi minuti infatti finge una falsa telefonata e con una bieca scusa abbandona le colleghe. “Mio marito non ha le chiavi di casa, devo andare ad aprirgli - Che palle questi uomini oh! - Come il mio figurati! - Tipico, a me sembra di avere un figlio non un marito! - Non perdono la testa solo perchè è attaccata alle spalle” e avanti cosi nella trafila di frasi fatte.
In macchina però la ragazza getta la maschera rivelando tutto alla collega al volante, davanti a loro 50 km, Cenerentola in allarme rosso. Spronata a schiacciare l'acceleratore, la collega accompagna Cerry verso casa e tutto sembra concludersi senza morti né feriti......invece no, colpo di scena: posto di blocco. L'affabile militare non riesce neanche a finire la frase: “Ragasse, mò stiamo correndo un po' trop....” Cenerentola lo interrompe intimandogli di fare una cosa veloce svelando l'emergenza. Liberatasi dei militari, la ragazza pensa al peggio (La faccio sui sedili, poi le pago l'autolavaggio; la faccio nel fosso) ma finalmente arriva alla meta, schiva il marito con un gesto atletico e si libera dell'opprimente peso. Liberazione, applausi.
Il destino però deve ancora concludere il suo corso perchè due giorni dopo l'ormai ex Cenerentola viene di nuovo fermata dai Carabinieri: “Toh, vè chi c'è? La mia amica!” Inizia qui un surreale colloquio in cui la ragazza scopre di essere stata tradita dal militare, infatti un collega di questo le chiede cortesemente: “Ma ci tolga una curiosità, alla fine è riuscita a farla a casa o l'ha fatta sul sedile dalla macchina?”. Apoteosi.
In questa storia fatta di menzogne e soprusi, ho capito una cosa fondamentale: se Acciaio fosse stato Acciaia, la vita sarebbe stata infinitamente più complicata. Questa storia sarebbe infatti potuta tranquillamente finire in quel agiato e comodo bagno del ristorante, maledetto fu quel muro aperto.......
Per proteggere la privacy della nostra eroina, chiamerò la donzella Cenerentola per motivi che poi risulteranno chiari. Siamo in clima post primaverile – pre estivo e Cenerentola è pronta a presenziare alla classica cena di fine anno con tutti i colleghi della sua azienda. Quest'anno però il ristorante non è il solito sotto casa, viene infatti scelto uno splendido agriturismo sulle colline romagnole a circa 50 km dalla “base” (Il bagno di casa, non la casa in sé) e la nostra protagonista divide la macchina con un'altra collega. La cena scorre perfetta: ottimo cibo, vino a volontà e valanghe di pettegolezzi tra colleghe (Quanto di più futile possa esistere, ma va beh, cose mie). Peccato solo che , prima dei saluti finali, tali pettegolezzi si dilunghino all'infinito e il clima collinare si rivela vigliacco e traditor: con il calare della notte si alza un vento che non ha problemi a superare le uniche difese di una gonnellina e una maglietta. “Ho sentito un treno attraversarmi la pancia e ho capito che non era più il momento di attendere”, per Cenerentola inizia un calvario terribile.
Con una poco coraggiosa scusa, ma non per questo mistificatrice – Vado a far la pipì - la nostra Cerry torna dentro il ristorante ed entra nel bagno, pronta per una performance pirotecnica ma si blocca all'improvviso. Alla ragazza si presenta un problema pressochè insormontabile, una diga che non si può oltrepassare: i bagni delle donne sono separati da quelli degli uomini da un muro aperto sulla parte superiore, pochi centrimetri sufficienti per rimandare la resa dei conti.
Ostentando sicurezza, Cenerentola torna fuori con il resto del gruppo ma il suo cervello sta macchinando un piano B, dopo pochi minuti infatti finge una falsa telefonata e con una bieca scusa abbandona le colleghe. “Mio marito non ha le chiavi di casa, devo andare ad aprirgli - Che palle questi uomini oh! - Come il mio figurati! - Tipico, a me sembra di avere un figlio non un marito! - Non perdono la testa solo perchè è attaccata alle spalle” e avanti cosi nella trafila di frasi fatte.
In macchina però la ragazza getta la maschera rivelando tutto alla collega al volante, davanti a loro 50 km, Cenerentola in allarme rosso. Spronata a schiacciare l'acceleratore, la collega accompagna Cerry verso casa e tutto sembra concludersi senza morti né feriti......invece no, colpo di scena: posto di blocco. L'affabile militare non riesce neanche a finire la frase: “Ragasse, mò stiamo correndo un po' trop....” Cenerentola lo interrompe intimandogli di fare una cosa veloce svelando l'emergenza. Liberatasi dei militari, la ragazza pensa al peggio (La faccio sui sedili, poi le pago l'autolavaggio; la faccio nel fosso) ma finalmente arriva alla meta, schiva il marito con un gesto atletico e si libera dell'opprimente peso. Liberazione, applausi.
Il destino però deve ancora concludere il suo corso perchè due giorni dopo l'ormai ex Cenerentola viene di nuovo fermata dai Carabinieri: “Toh, vè chi c'è? La mia amica!” Inizia qui un surreale colloquio in cui la ragazza scopre di essere stata tradita dal militare, infatti un collega di questo le chiede cortesemente: “Ma ci tolga una curiosità, alla fine è riuscita a farla a casa o l'ha fatta sul sedile dalla macchina?”. Apoteosi.
In questa storia fatta di menzogne e soprusi, ho capito una cosa fondamentale: se Acciaio fosse stato Acciaia, la vita sarebbe stata infinitamente più complicata. Questa storia sarebbe infatti potuta tranquillamente finire in quel agiato e comodo bagno del ristorante, maledetto fu quel muro aperto.......
lunedì 6 maggio 2013
Io inganno
Ciao caro il mio lettore, ebbene si, ora te lo posso dire. Se sei arrivato a questo punto della lettura ci sei cascato, sei caduto in un abile quanto vile tranello. Te lo devo dire, sei un taddeo. Questa settimana non ci sarà il consueto post di Pubblico Stimolo, infatti Acciaio è molto impegnato nei suoi numerosissimi impegni mondani nei migliori salotti con dirigenti, colonelli e papi.
Aggiungo che, curiosamente, nei vari luoghi che ho visitato non sono incappato in situazioni bizzarre o, come dire....momenti de mmmerda. Aimè devo anche rivelare un piccolo problema clinico: cacai sangue, ma nulla dipreoccupante amico lettore.
Perchè devi sapere che anche se ti ho aggettivato come un tontolone e ti ho giocato uno scherzo vigliacco (ma in fondo giusto) io ti voglio molto bene e prometto che il prossimo lunedi ci sarà una bella storia nuova di zecca, piuttosto guarda ti giuro che...'na roba, cazzo vedi che....eh, capito no?
Baci baci
Ah, anche l'illustrazione è mia (se non si fosse capito)
Aggiungo che, curiosamente, nei vari luoghi che ho visitato non sono incappato in situazioni bizzarre o, come dire....momenti de mmmerda. Aimè devo anche rivelare un piccolo problema clinico: cacai sangue, ma nulla dipreoccupante amico lettore.
Perchè devi sapere che anche se ti ho aggettivato come un tontolone e ti ho giocato uno scherzo vigliacco (ma in fondo giusto) io ti voglio molto bene e prometto che il prossimo lunedi ci sarà una bella storia nuova di zecca, piuttosto guarda ti giuro che...'na roba, cazzo vedi che....eh, capito no?
Baci baci
Ah, anche l'illustrazione è mia (se non si fosse capito)
lunedì 29 aprile 2013
Il mio inferno personale
Come ci si immagina l'inferno di Pubblico Stimolo? Ogni persona immagina il proprio ade privato come un concentrato di cose odiose e fastidiose, persone detestate e mai sopportate tutte compresse in solo posto, geniale quello spezzone dei Simpson in cui Disco Stu immagina il suo paradiso discodance con un Frank Sinatra che commenta “Per me questo è l'inferno”, ma stiamo divagando.
Adunque il mio inferno è in un momento e in un luogo ben preciso: il concertone. Uno dei momenti peggiori che ho passato è stato proprio al concerto del Primo Maggio a Roma, non per l'igiene nei bagni, non per i Toi Toi bensì per la gente. Io odio la gente! Mi spiego: il problema di tutta quella folla non è certo quando sei al traguardo, solitamente un orrido e sporchissimo bagno chimico (dove già su questo aspetto si potrebbe aprire tutto un dibattito), ma quando devi arrivare alla meta.
Quell'anno dove presenziai al tradizionale evento romano, per altro una delle cose più sfiancanti della mia vita, mi piazzai insieme ai baldi coraggiosi che erano con me più o meno a metà piazza, un attimo dietro alla torre del mixer (vedere foto aree che sono impressionanti). La lunghissima serie di band che si alternava sul palco scandiva il passare del tempo, infatti puntualissmo verso il crepuscolo serale si presenta fulmineo lo stimolone. Le cause sono sempre le solite, un feroce mix di cibo spazzatura e alcool scadente.
Aimè so benissimo che non riuscirò a resistere fino ad un momento più tranquillo perchè il concerto praticamente non si ferma mai, andrà avanti fino a notte tarda, ma io stoico ci provo a resistere all'impellente richiamo della natura sfiduciato anche dai già citati bagni chimici. La resistenza è lunga, dura qualche ora ma come benissimo sapevo, arriva il momento in cui devo per forza liberarmi del maledetto. Dò le spalle al palco e guardo con aria di sfida tutte le persone che stanno dietro di me. Ecco che si verifica il più dantesco dei contrappassi: la folla contro cui tu stai nuotando controcorrente non finisce MAI. In un continuo scansare e chiedere “scusa”, “permesso” non vedi mai la fine, solo altre persone, persone e persone. Disperato non riesco più a capire a quale altezza della piazza mi trovo, continuo ad andare indietro ma l'orizzonte rimane sempre uguale e notare bene che non si parla di qualche secondo ma di interminabili minuti che per chi ha necessità come le mie sà bene che possono fare la differenza. Ormai comincio a pensare al peggio, sto già architettando strategie da adottare a danno avvenuto - “butto via le mutande” - finchè, di punto in bianco, la folla finisce. C'è ancora speranza. Aumento il passo verso le file ai Toi Toi (muovevo le gambe dalle ginocchia in giù) e con un diplomatico “Scusate ma mi sto davvero cagando addosso” scavalco l'intera fila, lancio via il poveretto che sta uscendo dal bagno e finalmente, inevitabilmente e clamorosamente vinco ancora una volta.
Terminato il lavoro esco dal bagno e guardo lei, la folla, quando ti ho odiata, ho desiderato un kamikaze per un istante, ma nulla, NULLA, si può mettere tra me e un'asse del cesso.
Adunque il mio inferno è in un momento e in un luogo ben preciso: il concertone. Uno dei momenti peggiori che ho passato è stato proprio al concerto del Primo Maggio a Roma, non per l'igiene nei bagni, non per i Toi Toi bensì per la gente. Io odio la gente! Mi spiego: il problema di tutta quella folla non è certo quando sei al traguardo, solitamente un orrido e sporchissimo bagno chimico (dove già su questo aspetto si potrebbe aprire tutto un dibattito), ma quando devi arrivare alla meta.
Quell'anno dove presenziai al tradizionale evento romano, per altro una delle cose più sfiancanti della mia vita, mi piazzai insieme ai baldi coraggiosi che erano con me più o meno a metà piazza, un attimo dietro alla torre del mixer (vedere foto aree che sono impressionanti). La lunghissima serie di band che si alternava sul palco scandiva il passare del tempo, infatti puntualissmo verso il crepuscolo serale si presenta fulmineo lo stimolone. Le cause sono sempre le solite, un feroce mix di cibo spazzatura e alcool scadente.
Aimè so benissimo che non riuscirò a resistere fino ad un momento più tranquillo perchè il concerto praticamente non si ferma mai, andrà avanti fino a notte tarda, ma io stoico ci provo a resistere all'impellente richiamo della natura sfiduciato anche dai già citati bagni chimici. La resistenza è lunga, dura qualche ora ma come benissimo sapevo, arriva il momento in cui devo per forza liberarmi del maledetto. Dò le spalle al palco e guardo con aria di sfida tutte le persone che stanno dietro di me. Ecco che si verifica il più dantesco dei contrappassi: la folla contro cui tu stai nuotando controcorrente non finisce MAI. In un continuo scansare e chiedere “scusa”, “permesso” non vedi mai la fine, solo altre persone, persone e persone. Disperato non riesco più a capire a quale altezza della piazza mi trovo, continuo ad andare indietro ma l'orizzonte rimane sempre uguale e notare bene che non si parla di qualche secondo ma di interminabili minuti che per chi ha necessità come le mie sà bene che possono fare la differenza. Ormai comincio a pensare al peggio, sto già architettando strategie da adottare a danno avvenuto - “butto via le mutande” - finchè, di punto in bianco, la folla finisce. C'è ancora speranza. Aumento il passo verso le file ai Toi Toi (muovevo le gambe dalle ginocchia in giù) e con un diplomatico “Scusate ma mi sto davvero cagando addosso” scavalco l'intera fila, lancio via il poveretto che sta uscendo dal bagno e finalmente, inevitabilmente e clamorosamente vinco ancora una volta.
Terminato il lavoro esco dal bagno e guardo lei, la folla, quando ti ho odiata, ho desiderato un kamikaze per un istante, ma nulla, NULLA, si può mettere tra me e un'asse del cesso.
lunedì 22 aprile 2013
Vita da rockstar
Quella che mi accingo a raccontare è una vera perla in quanto a rarità dell'accaduto e combinazioni d'eventi l'un con l'altro, non saprei dire quanti possano fregiarsi di aver vissuto una situazione del genere.
Durante una calda sera estiva io e gli 4 disperati che suonano con me (Acciaio si esprime anche con altre forme d'arte!) veniamo convocati per allietare una delle tante feste che rendono un po' meno soffocante l'arida estate padana. Il luogo dell'evento è dentro un centro sportivo, noi ci arriviamo per l'orario dell'aperitivo e dopo aver svolto tutte le mansioni che convengono in questi momenti, ci lanciamo come dei falchi verso il bar consci del fatto che anche questo fa parte delle mansioni (pubbliche relazioni e/o faccia di tolla). Come ormai si dovrebbe essere capito, gli apparenti momenti idilliaci vengono spesso guastati da Quel mio piccolissimo problema. Certo anche questo episodio non fa eccezione e infatti dopo aver passato in tranquillità la cena, la serata scorre felice e il progressivo aumento dell'alcool nel mio corpo non mi fa accorgere che sto per andare incontro al disastro. All'imbrunire, il mio pancino mi comunica che tutto quell'assumere di birra scadente e roba fritta da festa non è stata una delle idee migliori che potessi avere infatti delle grandi fitte al basso ventre mi distolgono dall'andare avanti. Purtroppo per me, la situazione si fa pericolosa nel giro di mezz'ora e mi vedo costretto a cercare un luogo più “sicuro” dove possa liberarmi del problema senza particolari intoppi.
Come un vero ninja mi defilo senza dare nell'occhio e mi metto alla ricerca di un bagno o di un angolo tranquillo, mentre vago mi ricordo che siamo in un centro sportivo e un bagno ci deve essere per forza, lo vedo e ci entro a velocità sostenuta. Il posto è una specie di antro sporco e malandato ma non me ne preoccupo, scattante come una lepre mi metto in seduta. Fin qui nulla di eclatante, tutto come tante altre volte sembrerebbe. Invece no. Non ho fatto i conti con il contesto del momento, noi siamo li per suonare! Quello che non so e che accade al di fuori del mio loculo, è che gli altri 4 della band sono già sul palco e siccome mi sono defilato in maniera davvero abile nessuno sa dove sono. Questa combinazione di cose provoca il seguente risultato: mentre sono in posizioni impossibili (perchè nel bagno c'è una turca) dall'impianto audio del palco non c'è più la musica bensì una voce che urla il mio nome. Dall'antro maledetto in cui ero mi sono quasi inorgoglito, sentire rimbombare nell'aria il proprio nome mentre si è concentratissimi è qualcosa che rende persone migliori, probabilmente è anche simbolo di nobiltà d'animo ma non ne sono sicuro. Tornando al campo sportivo mi sono liberato dell'ostruzione il più in fretta possibile e di corsa sono andato verso il palco. Vedendo da dove arrivavo, i presenti non ci hanno messo molto a capire cosa avessi appena fatto, infatti le urla e gli applausi per festeggiare la prestazione non me li ha tolti nessuno. Per la cronaca il concerto è iniziato (quasi) in orario.
Durante una calda sera estiva io e gli 4 disperati che suonano con me (Acciaio si esprime anche con altre forme d'arte!) veniamo convocati per allietare una delle tante feste che rendono un po' meno soffocante l'arida estate padana. Il luogo dell'evento è dentro un centro sportivo, noi ci arriviamo per l'orario dell'aperitivo e dopo aver svolto tutte le mansioni che convengono in questi momenti, ci lanciamo come dei falchi verso il bar consci del fatto che anche questo fa parte delle mansioni (pubbliche relazioni e/o faccia di tolla). Come ormai si dovrebbe essere capito, gli apparenti momenti idilliaci vengono spesso guastati da Quel mio piccolissimo problema. Certo anche questo episodio non fa eccezione e infatti dopo aver passato in tranquillità la cena, la serata scorre felice e il progressivo aumento dell'alcool nel mio corpo non mi fa accorgere che sto per andare incontro al disastro. All'imbrunire, il mio pancino mi comunica che tutto quell'assumere di birra scadente e roba fritta da festa non è stata una delle idee migliori che potessi avere infatti delle grandi fitte al basso ventre mi distolgono dall'andare avanti. Purtroppo per me, la situazione si fa pericolosa nel giro di mezz'ora e mi vedo costretto a cercare un luogo più “sicuro” dove possa liberarmi del problema senza particolari intoppi.
Come un vero ninja mi defilo senza dare nell'occhio e mi metto alla ricerca di un bagno o di un angolo tranquillo, mentre vago mi ricordo che siamo in un centro sportivo e un bagno ci deve essere per forza, lo vedo e ci entro a velocità sostenuta. Il posto è una specie di antro sporco e malandato ma non me ne preoccupo, scattante come una lepre mi metto in seduta. Fin qui nulla di eclatante, tutto come tante altre volte sembrerebbe. Invece no. Non ho fatto i conti con il contesto del momento, noi siamo li per suonare! Quello che non so e che accade al di fuori del mio loculo, è che gli altri 4 della band sono già sul palco e siccome mi sono defilato in maniera davvero abile nessuno sa dove sono. Questa combinazione di cose provoca il seguente risultato: mentre sono in posizioni impossibili (perchè nel bagno c'è una turca) dall'impianto audio del palco non c'è più la musica bensì una voce che urla il mio nome. Dall'antro maledetto in cui ero mi sono quasi inorgoglito, sentire rimbombare nell'aria il proprio nome mentre si è concentratissimi è qualcosa che rende persone migliori, probabilmente è anche simbolo di nobiltà d'animo ma non ne sono sicuro. Tornando al campo sportivo mi sono liberato dell'ostruzione il più in fretta possibile e di corsa sono andato verso il palco. Vedendo da dove arrivavo, i presenti non ci hanno messo molto a capire cosa avessi appena fatto, infatti le urla e gli applausi per festeggiare la prestazione non me li ha tolti nessuno. Per la cronaca il concerto è iniziato (quasi) in orario.
lunedì 15 aprile 2013
Il quarterback titolare
Per questa settimana niente storia, o meglio, niente storia mia. Proporrò infatti l'interessante contributo fornitomi da un amico (che per privacy e per i temi trattati verrà chiamato Jason, tipico nome da quarterback titolare della squadra del college).
Ebbene il buon Jason si trovava in uno dei tanti nuovi bar che spuntano come funghi nella nostra raggiante Lombardia, cercando di rubarsi i clienti l'un con l'altro, tali bar si inventano spesso vari iniziative ed eventi quantomeno curiosi, per l'occasione Jason era li per disputare un torneo di Beer Pong, gioco alcolico creato dagli studenti 'mbriaconi statunitensi che consiste semplicemente nel cercare di gettare una pallina di ping pong nei bicchieri di birra dei tuoi avversari (Negli USA ci sono tanto di federazione e merchandising ufficiali, giuro!).
A 10 minuti dall'inizio della sfida, Jason avverte l'arrivo dello stimolo e per fortuna sua, ha un intestino appena più intelligente del mio e decide che può trattenere il malloppo. Purtroppo al momento della chiamata della sua squadra, il nostro campione avverte quello da lui definito “Strizzone last call”, decide di fiondarsi in bagno ma ecco che si para davanti a lui uno dei più comuni, ma non per questo meno vigliacchi, problemi di chi va in bagno: la serratura spaccata. Giustamente Jason prende la decisione repentina di ripiegare sul bagno riservato al gentil sesso. Scaricato l'orrido carico per il campione si presenta la beffa finale per la quale l'unico tragico destino è vergognarsi di se stessi per il resto della serata: uscendo dalla porta si ritrova una graziosa donzella davanti a sé che aspetta il turno per entrare nel bagno che le spetterebbe di diritto, lei è chiaramente terrorizzata anche perchè dietro a Jason ci sono delle scie chimiche che neanche i complottisti, la Cia e il buon Kim Jong-un potrebbero permettersi.
Questa serie di sfighe avrà costretto l'ottimo Jason ad una serata di sguardi bassi allo scopo di evitare gli occhi della malcapitata ragazza, perchè anche se il nostro è un uomo da college prestante e fiero di sé e delle sue ludiche attività (il beerpong, mica il football), la donzella,suo malgrado, è venuta a conoscenza di un terribile segreto cui Jason non poteva più essere singolo custode. Queste si chiamano serate compromesse. La beffa definitiva è quando capti la ragazza che confabula con le amiche e capisci distintamente che lei non ha mantenuto il segreto. O voi delatori vergognatevi, verrà il momento in cui i Giuda di tutti i tempi verranno giudicati, anche quelli dei servizi pubblici.
lunedì 8 aprile 2013
Festeggiamenti
Arezzo, 31 Dicembre. Nel centro storico della città imperversano i festeggiamenti per celebrare l'anno che verrà. Nel grande palco montato nella piazza centrale si esibisce Giuliano Palma con i suoi Bluebeaters. Il copione è quello di tutti i capodanni: la mezzanotte è alle porte, il concerto si ferma e scatta il conto alla rovescia (che a me fa sempre quell'impressione di festa falsa, alla Domenica In per intendersi). -10, -9, -8, la gente è felice, solo un po' infreddolita ma contenta, -7, -6, -5, complice l'alcool, tra la folla si creano amicizie fraterne destinate ad esaurirsi nel giro di 5 minuti, -4, -3, -2, cominciano a girare i calici di plastica colmi di spumante scadente (da dove sbuchino ogni volta per me è un mistero), -1.....0. Felicità, tripudio, climax della serata. Volti sorridenti e radiosi. Meno uno.
Quell'uno sono io, ai margini della piazza cupo e impassibile agli eventi me ne sto con la testa incassata nel giubbotto per conservare più calore possibile. Come se su di me ci fosse più buio che nel resto della piazza, fisso con odio tutti i presenti. Ovviamente, cazzo e stracazzo, mi sto cagando addosso! Abbandonato dagli amici penso solo ad una cosa, come risolvere la situazione; non un bar o ristorante aperto, nessuna zona isolata. Problema irrisolvibile.
Infatti non si risolve, passo tutta la serata praticamente immobile e in piedi perchè sedersi su dei gradini freddi ghiacciati avrebbe conseguenze nefaste. Vivo tra gli alti e bassi dell'intestino, quella sensazione che si prova dopo un po' di “trattenuta”, ovvero per un attimo la situazione migliora salvo ripresentarsi 3 minuti dopo in maniera terribilmente peggiore. La serata finisce, non ricordo cosa sia successo in mezzo perchè ero troppo occupato nelle mie faccende, recupero i miei amici e ci avviamo verso la macchina (il programma era dormirci dentro), a piccoli passettini arrivo anche io, ormai sfinito dalla guerra interna(intestina come si suol dire). Con l'alba ormai alle porte e con molte meno persone in giro, decido di agire. Tento di uscire dall'auto ma c'è un piccolo contrattempo da me creato. Un'avvisaglia gassosa dell'imminente esplosione fa ridestare dal sonno i miei compagni di macchina che si svegliano, bestemmiano ogni santo ed escono dalla macchina nonostante freddo e sonno, il campo non è più libero. Con molta carineria li esorto a sciacquarsi dal cazzo, trovo un angolino e finalmente pongo fine ad ogni sofferenza.
Anche se libero sono stremato, stanco, infreddolito e distrutto dalla guerra di nervi con me stesso. Capodanno praticamente non l'ho fatto, insomma con questo inizio...CHE BELL'ANNO DI MERDA!
Quell'uno sono io, ai margini della piazza cupo e impassibile agli eventi me ne sto con la testa incassata nel giubbotto per conservare più calore possibile. Come se su di me ci fosse più buio che nel resto della piazza, fisso con odio tutti i presenti. Ovviamente, cazzo e stracazzo, mi sto cagando addosso! Abbandonato dagli amici penso solo ad una cosa, come risolvere la situazione; non un bar o ristorante aperto, nessuna zona isolata. Problema irrisolvibile.
Infatti non si risolve, passo tutta la serata praticamente immobile e in piedi perchè sedersi su dei gradini freddi ghiacciati avrebbe conseguenze nefaste. Vivo tra gli alti e bassi dell'intestino, quella sensazione che si prova dopo un po' di “trattenuta”, ovvero per un attimo la situazione migliora salvo ripresentarsi 3 minuti dopo in maniera terribilmente peggiore. La serata finisce, non ricordo cosa sia successo in mezzo perchè ero troppo occupato nelle mie faccende, recupero i miei amici e ci avviamo verso la macchina (il programma era dormirci dentro), a piccoli passettini arrivo anche io, ormai sfinito dalla guerra interna(intestina come si suol dire). Con l'alba ormai alle porte e con molte meno persone in giro, decido di agire. Tento di uscire dall'auto ma c'è un piccolo contrattempo da me creato. Un'avvisaglia gassosa dell'imminente esplosione fa ridestare dal sonno i miei compagni di macchina che si svegliano, bestemmiano ogni santo ed escono dalla macchina nonostante freddo e sonno, il campo non è più libero. Con molta carineria li esorto a sciacquarsi dal cazzo, trovo un angolino e finalmente pongo fine ad ogni sofferenza.
Anche se libero sono stremato, stanco, infreddolito e distrutto dalla guerra di nervi con me stesso. Capodanno praticamente non l'ho fatto, insomma con questo inizio...CHE BELL'ANNO DI MERDA!
lunedì 1 aprile 2013
La roccaforte
Quando si passa
molto tempo in un luogo pubblico molto affollato come una scuola e
capita spesso di dover “correre ai ripari”, un minimo di
strategia e tattica bisogna usarle in modo da sopravvivere nella
battaglia quotidiana.
La mia guerra
giornaliera si svolgeva in quella splendida cittadina-fabbrica che è
Dalmine, un agglomerato di monoliti triste e fumoso dove i suoi
coraggiosi abitanti godono di tutta la mia stima.
Il monolite dove
mi recavo io non era secondo a nessuno: il Marconi, un gigantesco
eco-mostro grigio come il cemento che ogni mattina inghiottiva nelle
sue viscere più di 900 studenti, quasi tutti maschi, insomma una
bolgia infernale.
Quanto a me e al
mio apparato digerente, dopo i primi anni in cui ho fatto
“esperienza”, decido che è tempo di organizzarsi perchè ad ogni
stretta dello stomaco (e a quei tempi ricordo che erano molto
frequenti) si consumava una tragedia, i bagni sempre affollati,
sporchissimi e solo muniti di turche non costituivano l'ambiente
ideale per la tranquillità. Ma un giorno le cose cambiano.
Durante una delle
tante lezioni a me incomprensibili, alzo la manina e vado in bagno;
Uscito dall'aula mi ritrovo in un posto insolitamente silenzioso,
avevo dimenticato di essere nel semi interrato. Come avevo fatto a
non pensarci prima? Un corridoietto che porta soltanto a 3 aule
piccolo e poco frequentato, dove in fondo, quasi nascosti, ci sono i
bagni. Felice di questa mia illuminazione entro nei bagni e lì
faccio un'altra scoperta, come se fossi in una matrioska di sorprese:
il bagno dei disabili non è chiuso a chiave, ho trovato una fortezza
praticamente inespugnabile! (Si lo so, non è molto etico usare il
bagno dei disabili etc. etc.)
Da quel giorno
vado in bagno molto più sollevato (in tutti i sensi), anche se sono
dall'altra parte della scuola faccio volentieri scale e corridoi per
andare nel mio angolo di tranquillità pulito e isolato. La
roccaforte dura per qualche mese, poi la disfatta.
Un giorno, mentre
sono “in seduta”, sento dei passi verso il bagno, non mi allarmo
più di tanto, l'uomo misterioso entrerà nella porta affianco.....e
invece no, con la chiavetta gira la serratura ed apre la porta, è il
bidelllo Onofrio(chiamato cosi perchè si chiama Onofrio per
davvero), brutto come i debiti, che con un imbarazzatissimo “ah
scusa” richiude subito la porta ma ormai il danno è fatto, ma
scusa sto cazzo sto cagando!!
La volta
successiva vado verso il mio piccolo angolo di tranquillità e scopro
che la serratura della porta è irrimediabilmente chiusa a chiave, la
roccaforte è perduta.
Non ho mai
scoperto se Onofrio custodisse il mio stesso segreto o se era li
soltanto per prendere delle cose, ma non ne feci una tragedia, anche
quello faceva parte delle micro battaglie adolescenziali che ogni
giorno si combattono nelle scuole superiori di tutto il mondo.
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