Durante l'estate appena trascorsa sono incappato in uno
dei più classici degli incontri: l'ex compagno di banco delle superiori. Egli è quella persona che normalmente, al di fuori della vita scolastica, non
vorresti dargli neanche il saluto ma che nei quattro muri della propria
classe diventa un insostituibile partner per la sopravvivenza nel mondo
dell'istruzione superiore. Ebbene il compagno, che da questo momento
verrà chiamato Nietzsche (poiché nel tempo ha dimostrato, come molti della nostra classe a quell'epoca, un intelletto al dì mooooolto sopra della media ma comunque dimostrando di
abbracciare le teorie del SuperUomo tanto a care a certi ambienti delle
prealpi orobiche) mi accenna in quel caldo giorno estivo, al presente
blog e al perchè non è presente un post su tutte quelle volte che si
“impiccava” e poi io sparivo. (Impiccare = Bigiare, marinare, fare sega,
saltare, limare, etc..). Recepito questo input al mio cervello, segue un momento di vuoto totale. Poi l'archivio nella mia testa mi
restituisce un intero faldone di tutti quei magici momenti a cui
Nietzsche faceva riferimento. Accadimenti che si presentavano con una
tale regolarità che io li avevo persino rimossi collocandoli nella
totalità dell'episodio “saltare la scuola”. Spiego: si dà il caso che per ogni scuola superiore del mondo corrisponda sempre
un bar, situato a circa 500 metri di distanza dalla suddetta, anonimo,
con molti posti a sedere ma soprattutto dotato di biliardino e
videogiochi, spesso nascosti ai normali avventori. Il “nostro” bar li
aveva in un piano seminterrato. Il diabolico proprietario aveva creato
la base perfetta per tutti gli studenti in cerca di un rifugio, un
irresistibile maga Circe per il giovane adolescente che offriva riparo
da occhi indiscreti, attività ludiche e superalcolici terribili come il
Bellini, il Bacardi Breezer o la temutissima ed amarissima BIRRA.
Anche il gruppo composto da me, Nietzsche ed altri luminari e futuri
premi Nobel non faceva eccezione. Usavamo quel bar (di cui neanche
ricordo il nome, forse perchè non l'ho mai saputo o addiritura perchè
proprio un nome non ce l'aveva) come base per poi decidere il dà farsi:
entrare a scuola in ritardo, andare alla grande metropoli Bergamo o
inventarsi uno sciopero e quindi tornarsene a casa. Non era rara la soluzione alternativa a quelle appena citate, ovvero passare l'intera mattinata davanti al biliardino decidendo
cosa fare di quella mattinata. Ed proprio in quel momento sacro che
celebrava il gruppo, lo stare insieme che io mi distaccavo per dedicarmi
a ciò che Nietzsche mi ha ricordato.
A pensarla con il senno di poi la causa di tutti i miei mali era
ovviamente l'orrido miscuglio che creavo nel mio stomaco: latte a casa,
cappuccino nel bar seguito da improbabili intrugli dolci-salati. La cosa
positiva del bar era che il biliardino e il bagno erano nello stesso
locale al piano di sotto. La cosa negativa, e che annulla quella positiva,
era che la chiave del bagno era appesa dietro il bancone del bar al
piano di sopra, cazzo! (Vecchie ferite di riaprono, grazie Nietzsche!).
E cosi, ogni volta che tornavo giù da quelle scale, i miei compagnucci
notavano che avevo in mano solo una chiave in luogo delle solite
brioches, questo scatenava una trafila di prese per il culo straordinarie a me dirette.
Ma io indifferente andavo in bagno e mi liberavo puntualmente
dell'orrido bolo.
Analizzando a distanza di anni questi eventi che si verificavano con
puntualità svizzera, credo siano stati proprio questi a forgiare il
totale disinteresse verso l'Altro quando sono nei momenti d'allarme e forse Nietzsche,
oggi come allora, ha contribuito a creare in modo del tutto peculiare
uno degli aspetti tipici del suo amato SuperUomo.
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