Abito in una WG, ovvero in una casa
condivisa che sta in un feudo turco all'interno di Berlino. Nell'appartamento vive oltre a me, una ragazza di teutoniche origini
(che per questo verrà chiamata con un nome dei più leggiadri della
cultura tedesca: Gudrun).
Una delle particolarità della nostra
casetta è quella di avere un signor bagno, ovvero una stanza vera,
con una finestra vera ed una doccia vera, qualità piuttosto rare da
trovare nelle case della capitale e infatti questo è uno dei motivi per cui la casa mi è piaciuta fin dalla prima volta che l'ho vista.
La condivisione del bagno non ha mai
dato nessun problema, il che è una grande fortuna per Gudrun che se
avesse saputo non mi avrebbe nemmeno fatto entrare in casa; E' anche
vero che prima o poi doveva succedere. In un sabato mattina come un
altro (che la mia coinquilina chiama inspiegabilmente pomeriggio,
saranno differenze culturali visto che erano le 14), sento il classico
stimolone che proviene dal basso. Mi alzo dalla mia sedia e vado in
bagno, che però trovo chiuso a chiave, pazienza, aspetto. Neanche il
tempo di finire in pensiero “aspetto”, che sento il rumore della
doccia che si accende, perfetto. Sto già sudando freddo.
Questa volta non è come il casa di
Acciaia che posso bussare e cacciare chi c'è dentro (vedi qui), mi
tocca aspettare e far partire la maratona di apnea, che,
diomiosantissimo, durerà un'eternità: un mezz'oretta buona in cui
alterno lo stare seduto in punta di sedia allo stare in piedi
fissando il vuoto fuori dalla finestra con nel gambe a X. Finalmente
una giustizia c'è, sento il classico “clak” della porta che si
apre e io, manco fossi l'Usain Bolt dello sciacquone, scatto verso il
bagno e con un'acrobazia sono già seduto sulla tazza ad espellere il
maligno.
Fiero e tronfio, mentre sto ultimando i
lavori sento la maniglia della porta che si abbassa, Gudrun se la
trova bloccata ed è costretta a tornare indietro. Intuisco che forse
non aveva finito di fare le sue cose e infatti quando esco dal bagno
la trovo con un asciugamano in testa e mille spazzole in mano mentre
tenta di riconquistare il bagno. Io nel mio stentato tedesco la
avverto che forse sarebbe meglio aspettare qualche minuto, il tutto
detto con il più falso dei sorrisi. Ma lei, intrepida, solida e
teutonica, ne sfoggia un altro ancora più falso del mio ed entra
nella stanza contaminata.
Da allora non l'ho più rivista.
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